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Pandemia Covid: la gestione dello stress tra gli operatori sanitari

Mettere in risalto le difficoltà e i problemi incontrati dagli operatori sanitari durante l’epidemia da COVID-19, supportare il loro ruolo, e produrre risultati che possano indirizzare azioni e politiche di sostegno rivolte agli operatori stessi e alla riorganizzazione dei servizi. Questi gli obiettivi principali dello studio HEROES (The COVID-19 HEalth caRe wOrkErS (HEROES) study) a cui partecipano 28 Paesi distribuiti in 5 continenti, tra cui l’Italia con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS)

Roma – Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria correlata alla diffusione della COVID-19 i professionisti sanitari sono impegnati in prima linea a fronteggiare l’epidemia nei vari setting del servizio sanitario, esposti al rischio di infezione e a un sovraccarico emotivo: carenza di adeguati dispositivi di protezione individuale, turni di lavoro incalzanti, fatica fisica, riduzione delle risorse umane e in alcuni casi precarietà organizzativa. A questo si aggiungono situazioni determinate dalla forte pressione a cui è sottoposto il servizio sanitario, che possono contribuire ad appesantire ulteriormente il vissuto emotivo dei professionisti: essere chiamati a intervenire in discipline diverse da quelle di appartenenza; la possibilità, per i medici neolaureati o gli specializzandi ancora in formazione, di trovarsi a fronteggiare condizioni critiche che richiederebbero maggiore esperienza; l’invito a continuare a lavorare anche se si è stati a contatto con pazienti affetti da COVID-19 e permanga il timore del contagio; le cure e il sostegno prestati a domicilio dai medici di medicina generale agli assistiti con sintomi più lievi.

Quelli sopra riportati sono solo alcuni esempi per evidenziare che in questo momento tutti gli operatori sanitari, e coloro che sono coinvolti nella rete di gestione dell’emergenza, sia in setting di ricovero che di comunità (gli operatori sanitari degli ospedali, il personale di pronto soccorso, gli operatori dei dipartimenti di prevenzione e dei servizi epidemiologici, delle ambulanze, delle Residenze sanitarie assistite, RSA, ma anche i volontari della protezione civile), sono esposti a condizioni organizzative, relazionali, psicologiche e riguardanti la sicurezza che rappresentano una fonte di stress.

La situazione è ben fotografata dall’articolo dei medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, pubblicato il 21 marzo 2020 dal NEJM Catalyst Innovations in Care Delivery e dalla lettera della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) pubblicata dal BMJ il 26 marzo 2020.

La letteratura scientifica dedicata allo stress lavoro-correlato ha ampiamente confermato come il settore sanitario sia di per sé caratterizzato dalla presenza di fattori di rischio psicosociale strettamente legati all’organizzazione lavorativa, alla sicurezza e alla salute degli operatori: turni, reperibilità, gestione di emergenze/urgenze, carenza di personale; confronto quotidiano con situazioni di estrema sofferenza; potenziale rischio di episodi di aggressione verbale e/o fisica. Fattori che in questo momento di emergenza sono grandemente amplificati, a partire da quelli relativi alla sicurezza degli operatori, cioè alle misure di prevenzione e protezione.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ricorda che il primo passo per tutelare la salute del personale sanitario durante un’epidemia è l’attuazione di tutte le misure necessarie a proteggerne la sicurezza occupazionale. Il datore di lavoro e i dirigenti delle strutture sanitarie devono garantire l’adozione delle misure preventive e protettive necessarie rendendo disponibili forniture adeguate dei dispositivi di protezione individuale in quantità sufficiente per gli operatori sanitari o altro personale che si occupi di pazienti sospetti o confermati, consultando gli operatori sanitari sugli aspetti della sicurezza e della salute sul lavoro nella propria attività quotidiana. Va tuttavia considerato che nel corso di un’epidemia, anche quando le misure preventive e protettive siano adeguate, il personale sanitario resta esposto a un alto livello di stress psicologico oltre che fisico: timore di contrarre l’infezione e di trasmetterla ai propri familiari, elevata mortalità, sofferenza per la perdita di pazienti e colleghi, separazione spesso prolungata dalla famiglia, cambiamenti nelle pratiche e procedure di lavoro, necessità di fornire un maggiore supporto emotivo ai pazienti in isolamento, fatica fisica legata all’utilizzo dei dispositivi di protezione.

 

Da alcuni studi si rileva che, rispetto ad altre situazioni di emergenza sanitaria come per esempio le catastrofi naturali, i fattori di rischio che possono contribuire ad accrescere lo stress psicofisico degli operatori durante un’epidemia sono proprio l’isolamento sociale, dovuto alle misure di distanziamento e quarantena o in alcuni casi alla discriminazione, e l’assenza del sostegno familiare a causa del pericolo di contagio. La paura e la preoccupazione di contagio per sé e per i propri familiari, ancor più in presenza di figli piccoli, possono condurre l’operatore sanitario a un vero e proprio auto-isolamento. Il carico di lavoro aumentato riduce anche il confronto con i colleghi e il rapporto con i pazienti cambia radicalmente. È frequente che emergano emozioni di rabbia, ostilità, frustrazione, senso di impotenza e che si manifestino sintomi depressivi e stati d’ansia con somatizzazioni, insonnia, aumento del consumo di caffeina e di tabacco.

Studi sui rischi psicosociali dello stress tra il personale sanitario durante le epidemie di SARS ed Ebola, durante la pandemia influenzale A/H1N1 e durante la gestione dell’epidemia COVID-19 in Cina hanno rilevato la comparsa di sintomi associabili a stress post traumatico.

Uno studio trasversale condotto in Cina su 1257 operatori sanitari impegnati nei presidi coinvolti nella gestione di pazienti con COVID-19, ha valutato la presenza di sintomi depressivi e ansiosi evidenziando che le donne, il personale infermieristico e coloro che lavorano nelle zone con maggiore concentrazione di casi (che sono più direttamente coinvolti nell’emergenza) hanno dei sintomi più intensi e possono pertanto necessitare di supporto o di interventi psicologici.

L’Inter-Agency Standing Committee (IASC) ha divulgato una nota informativa che riassume le considerazioni chiave sulla salute mentale e sul supporto psicosociale (MHPSS) in relazione alla pandemia da COVID-19. Il documento fornisce indicazioni sui comportamenti che il personale sanitario può adottare per prevenire e ridurre lo stress legato alla particolare situazione che si trova a fronteggiare. Il 6 marzo 2020 anche l’OMS ha diffuso un documento contenente alcune raccomandazioni per favorire la gestione dello stress associato all’emergenza sanitaria globale da COVID-19 che contiene alcuni messaggi rivolti agli operatori sanitari.

Riportiamo alcune indicazioni sulla prevenzione dello stress emotivo degli operatori sanitari legato alla situazione di emergenza da COVID-19.

Indicazioni per le Aziende sanitarie e i Dirigenti delle strutture sanitarie

  • Garantire una buona comunicazione e fornire al personale aggiornamenti precisi e accurati su ciò che sta accadendo. Questo può contribuire a mitigare le preoccupazioni degli operatori legate all’incertezza e far percepire un senso di controllo.
  • Riferire feedback positivi utili a rafforzare il valore e l’importanza del ruolo svolto
  • Promuovere il lavoro in team. Il Buddy system, per esempio, è un metodo che prevede che due colleghi coinvolti nell’emergenza lavorino affiancati, divenendo responsabili della sicurezza personale l’uno dell’altro e sostenendosi nella reciproca capacità di affrontare circostanze avverse.
  • Facilitare l’accesso ai servizi di supporto psicologico, assicurandosi che il personale sia a conoscenza di come e dove accedervi, incluso il supporto telefonico o altre opzioni di servizio a distanza, se disponibili.

In contesti a massiccia domanda assistenziale l’ingaggio professionale degli operatori direttamente coinvolti nell’emergenza è tale da non lasciare spazio all’elaborazione di una risposta psicologica o alla formulazione di una richiesta d’aiuto. Per questo è fondamentale che il datore di lavoro faciliti questo processo. Numerose Aziende sanitarie hanno già fatto passi concreti in questa direzione rendendo disponibile un servizio di supporto psicologico telefonico (o via skype), o attivando veri e propri ambulatori specialistici di salute mentale dedicati al sostegno dei professionisti sanitari coinvolti nell’emergenza.

Indicazioni per gli operatori sanitari

  • Organizzare, per quanto possibile, il lavoro mantenendo un monte ore ragionevole e facendo delle pause. Durante la fase acuta dell’emergenza è fondamentale garantirsi degli spazi di tregua per riposare e riflettere sull’esperienza che si sta vivendo. Gestire lo stress e occuparsi della propria salute mentale è importante per mantenere la salute fisica.
  • Utilizzare strategie individuali di gestione delle difficoltà (coping) rivelatesi efficaci in altri contesti può aiutare a superare anche una situazione completamente nuova e senza precedenti come l’attuale emergenza da COVID-19.
  • Confrontarsi con i colleghi è fondamentale sia per coordinare le attività, sia per condividere la percezione personale e trovare un supporto reciproco, rispettando i diversi modi di reagire alla situazione critica. Esplicitare un riconoscimento professionale nei confronti di un collega può rafforzare la motivazione e moderare lo stress.
  • Cercare di mantenere stili di vita salutari, mangiando e idratandosi a sufficienza e in modo sano per essere in condizioni di affrontare la pressione che inevitabilmente viene accumulata. Ridurre l’assunzione di caffeina, nicotina e alcol. Concedersi sonno e riposo adeguati a ricaricarsi, fare un po’ di esercizio fisico.
  • La pressione, lo stress e i sentimenti associati, possono far emergere sensazioni di impotenza e inadeguatezza verso il proprio lavoro. È importante, quindi, riconoscere ciò che si è effettivamente in grado di fare per aiutare gli altri, valorizzando anche i piccoli risultati positivi; riflettere su ciò che è andato bene e accettare ciò che non è andato secondo le aspettative, riconoscendo i limiti legati alle circostanze. È anche importante stare in contatto con gli stati d’animo personali, essere consapevoli del carico emotivo, imparando a riconoscere sintomi fisici e psicologici secondari allo stress. Prendersi cura di sé e incoraggiare i colleghi a farlo è il modo migliore per continuare a essere disponibili con i pazienti.
  • Rimanere in contatto con gli amici, la famiglia o altre persone di cui ci si fida per parlare e ricevere sostegno, anche a distanza.

Gli operatori sanitari, coinvolti nella rete di gestione dell’emergenza, impegnati sia in setting clinici che di comunità, sono i pilastri su cui si fonda la risposta all’epidemia da SARS-CoV-2. È quindi fondamentale investire quanto più possibile per proteggerne la salute fisica e mentale. Implementare le risorse di supporto psicologico per sostenere gli operatori che quotidianamente si confrontano con l’emergenza, garantendole anche nel periodo successivo all’emergenza pandemica, può contribuire a potenziare le abilità di adattamento e a promuovere l’empowerment personale.

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