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L’auto d’epoca è un “bene indice” della capacità contributiva

È la legge a stabilirlo, e il giudice tributario può soltanto valutare le prove con cui il contribuente intende dimostrare la non imponibilità delle somme necessarie al mantenimento della vettura storica

Roma – Un’auto di interesse storico, la Mercedes Benz 250 Coupé, ad alimentazione a benzina, di 27 cavalli fiscali, immatricolata nel 1970 e posseduta da annualità antecedente il 1998, è un bene “sintomatico” di capacità reddituale. Lo ha affermato la Cassazione nell’ordinanza n. 36123 del 9 dicembre 2022.

Il fatto in esame: 
La controversia trae origine dall’impugnazione di tre avvisi di accertamento (annualità 2006-2007-2008) con i quali l’ufficio ha accertato sinteticamente redditi maggiori rispetto a quelli dichiarati dal contribuente, sulla base della proprietà e del possesso di beni indici di capacità contributiva, quali immobili (abitazione principale e due abitazioni secondarie), autovetture e un’auto storica, un motociclo (nel 2007) e una polizza assicurativa (nel 2008).
I giudici di primo grado hanno respinto il ricorso dell’uomo in mancanza della prova che il maggior reddito accertato fosse costituito in tutto o in parte da redditi esenti o tassati alla fonte.

In secondo grado, invece, i giudici hanno accolto parzialmente l’appello del contribuente, annullando l’avviso relativo al 2008 e riducendo la pretesa fiscale per gli anni precedenti.
In particolare, il giudice di appello, dopo aver premesso che la contestazione di maggior rilievo, per tutti e tre gli anni di imposta, era costituita dall’importanza da attribuire al possesso dell’autovettura storica, ha ritenuto tale l’auto non poteva considerarsi bene “sintomatico” della maggior capacità contributiva poiché, anche per la sua “vetustà”, che non ne avrebbe consentito l’uso normale (tanto da essere esente da tassa di proprietà e da assicurazione obbligatoria), non si trattava di un’autovettura “di grande valore intrinseco e dalle caratteristiche quasi uniche”.

L’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione lamentando violazione di legge (articolo 38, Dpr n. 600/1973 e articoli 2728 e 2697 cc) poiché la sentenza impugnata, escludendo che il possesso dell’autovettura d’epoca costituisse un bene indice, aveva fatto erronea applicazione delle regole che governano l’accertamento sintetico, per le quali la presunzione legale relativa prevista a favore dell’Amministrazione può essere superata solo dalla prova documentale contraria del contribuente.

L’ordinanza
La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia e, richiamando il proprio orientamento consolidato (n. 9539/2013, n. 8995 e n. 25104 del 2014, n. 16192/2016 e n. 10037/2018), ha affermato che “in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione (quale quella in esame) effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cosiddetto redditometro, dispensa l’amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, giacché codesti restano individuati nei decreti medesimi. Ne consegue che è  legittimo l’accertamento fondato sui predetti fattori-indice, provenienti da parametri e calcoli statistici qualificati, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore”.

I giudici di legittimità hanno ribadito che la disponibilità di “beni indice” costituisce una presunzione di “capacità contributiva legale” ex articolo 2728 del codice civile perché è la stessa legge che impone di ritenere l’esistenza di “capacità contributiva” conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità.
Il giudice tributario, quindi, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’ufficio, non ha il potere di togliere a tali “elementi” la capacità presuntiva “contributiva” che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offre in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma (Cassazione, n. 16284/2007, n. 17487 e n. 21143 del 2016, n. 37367/2021).
Nella vicenda in esame, il giudice di secondo grado, avendo escluso la qualità di “bene indice” dell’autovettura storica di proprietà del contribuente e, quindi, non avendone considerato il valore nella determinazione del reddito, è incorso in un evidente errore in iudicando. 
Tale errore è fondato sia sulla mera supposizione che il bene non aveva le caratteristiche intrinseche di un’autovettura d’epoca, sia sulla mancanza di accertamento in ordine alle eventuali prove (documentali), di segno contrario, che il contribuente avrebbe dovuto allegare per vincere la presunzione legale a favore dell’Amministrazione finanziaria.

Osservazioni
In materia di auto d’epoca e della loro incidenza sull’accertamento sintetico del reddito, la Cassazione ha affermato che il riferimento al possesso di autovetture da parte del contribuente, contenuto nel “redditometro”, deve intendersi esteso anche alle auto storiche, rappresentando tale circostanza un idoneo indice di capacità contributiva, in quanto notoriamente collegata a spese di mantenimento a volte anche ingenti. Non è, infatti, estraneo alla “cultura dell’uomo medio il fatto che le predette autovetture formano oggetto di ricerca e collezionismo fra gli appassionati di tali beni, che per gli stessi esiste un particolare mercato e che la manutenzione di veicoli ormai da tempo fuori produzione comporta rilevanti costi, in ragione della necessità di riparazione e sostituzione dei componenti soggetti ad usura (Cassazione, n. 1294/2007).
Né, per escludere la rilevanza fiscale di tali beni, possono richiamarsi il nuovo codice della strada (articolo 59, Dlgs n. 285/1992) e la disciplina delle tasse automobilistiche per particolari categorie di veicoli (articolo 63, legge n. 342/2000). Tali interventi legislativi, che hanno riconosciuto l’appartenenza delle auto storiche alla categoria di veicoli con caratteristiche atipiche, hanno attuato una classificazione a fini diversi da quelli fiscali e non idonea a escluderle dalla categoria generale dell’autovetture il cui possesso è previsto, quale indice di capacità contributiva, dalle disposizioni tributarie (Cassazione, n. 15899/2017).

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