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“Anima altrui” di Giuseppe De Renzi: una storia intrigante e ricca di suspense, un tentativo di rimettere ordine al Caos

"A cosa diavolo credi serva la scrittura, Anna? La scrittura è speranza. In una partita a scacchi non si può mai tornare indietro. Si vince, si perde o si patta per forza di cose. Nella scrittura tutto si può invece reinventare con nuove regole. Negli scacchi il Caos si fa ordine e nella scrittura è lo stesso".

Anna è una donna, una traduttrice, che arriva a un parcheggio un po’ fuori mano, alle porte di una grande città. Lì aspetta l’arrivo di uno scrittore che le ha dato uno strano appuntamento. Nel frattempo, nell’ingannare l’attesa, che si protrae, decide di aprire il manoscritto del libro al quale sta lavorando, nel quale scopre una serie infinita di segni e di premonizioni che ripercorrono la sua vita. A poco a poco, questi avvenimenti confluenti cominceranno a farla sentire sempre più in pericolo. Ormai denudata, senza più corpo, inizierà lentamente a capire che la sua presenza in quel luogo non è affatto casuale, come credeva, e che qualcosa di terribile sta per abbattersi  su di lei. 

GIUSEPPE DE RENZI medico Microbiologo è originario del Sud Pontino (Scauri di Minturno) e torinese di adozione. Dal 2011 in poi ha pubblicato diversi testi di prosa, teatro e poesia. Fondatore nel 2012 del Premio artistico-culturale “Dragut”. È scacchista agonista e musicista.

Sei un medico Microbiologo con una vena artistica, mi piacerebbe chiederti come e quando è nata la passione per la narrativa e l’idea di pubblicare un romanzo.

“La passione per la scrittura è nata insieme all’idea di fare il medico, e quindi di poter assistere le persone con problemi di salute. Avevo tredici anni, lo ricordo perfettamente, perché in quell’anno, in terza media, lessi due libri che hanno segnato la mia vita: uno era la biografia di Albert Schweitzer e l’altro un libro di fantascienza, dal titolo ‘Il Basilisco’. Il primo diede impulso alla mia missione di medico mentre il secondo mi ispirò a diventare scrittore dell’immaginario.

Queste due vocazioni hanno sempre viaggiato insieme, anche se come binari paralleli, senza mai incrociarsi. Sono due vite che sono rimaste sempre ben distinte. Il tema della “dualità” infatti è sempre presente anche nei miei racconti e nelle mie storie. Anima altrui  (2023) l’ultimo libro edito a cura dell’editore Argonauta, è paradossalmente proprio il primo testo nato per diventare un romanzo. È stato difatti il primo tentativo da me effettuato in tal senso ma è rimasto a lungo chiuso nel cassetto perché lo giudicavo immaturo. Oggi, dopo aver operato diversi tagli e un duro lavoro di ripulitura, è stato finalmente pubblicato”.

Hai diviso i capitoli secondo diversi “gradi di libertà” dell’anima: cosa intendi con questa espressione?

“L’idea base di Anima altrui era basata inizialmente sul racconto-romanzo Sette piani di Dino Buzzati, in cui un uomo viene ricoverato in una clinica con sette piani, appunto, con gradi decrescenti di gravità. L’uomo è ricoverato inizialmente per un lieve malanno al settimo piano ma a poco a poco discende verso il piano terra, dove troverà la morte. È una progressione discendente verso la verità, che all’inizio della sua malattia gli viene nascosta, e in Anima altrui ho voluto mantenere lo stesso schema.

Si parte dal grado terzo, dove alla protagonista viene ancora nascosta la sua vera identità, e si arriva al grado zero, dove lei scoprirà la sua essenza reale. I gradi di libertà però sono anche quelli delle formule ed equazioni matematiche, in cui si è liberi di “oscillare”. La libertà è infatti uno degli altri temi a me più cari”.

La protagonista Anna e lo scrittore Manuel sembrano legati da un filo invisibile, quasi sovrannaturale, dove c’è un rispecchiarsi e riscoprirsi l’uno nell’altra. Parlaci della scelta di questo tema narrativo.

“Come dicevo prima la “dualità” dell’esistenza è uno dei motivi più presenti in tutti i miei scritti. Ho sempre avvertito, non so come, che in ogni realtà – e in ogni persona – vi sia un al di qua e un al di là. C’è un oltre in ogni cosa, dunque anche nell’anima umana. Così come c’è qualcosa di femminile in ogni uomo e qualcosa di maschile in ogni donna.

Anna e Manuel rappresentano questa dualità reciproca e a loro volta sia Anna che Manuel non sono chi pensano di essere ma ognuno dei due è “qualcos’altro”. Non a caso io adoro anche gli scacchi – anch’essi presenti nel romanzo: gli scacchi, neri e bianchi, sono l’immagine perfetta della dualità del reale”.

Ho trovato che il libro sia anche un’interessante riflessione sul processo creativo della scrittura, e la sottile linea di confine fra realtà e immaginazione. In questa prospettiva, quale è il ruolo dello scrittore?

“Dico sempre che gli scrittori hanno una prerogativa essenziale: ciò che scrivono loro o lo scrivono loro o non sarà mai scritto da nessun altro. Nel senso che chi scrive si assume il compito di erodere l’inesistente. È una cosa grossa, se ci si pensa adeguatamente. Per tutti gli uomini e donne è così: ciò che uno vive prima non esisteva e dunque chi vive produce una traccia indelebile di esistenza. Per gli artisti questa opera di tracciare l’esistente diviene atto creativo cosciente. Gli artisti non soltanto vivono ma vivono creando, e volendolo fare, il che è una facoltà, quasi un privilegio, dalle conseguenze immense.

Tra loro, io credo, gli scrittori hanno un potere in più: quello di “ordinare” in un flusso di parole una storia, e cioè di piegare il caos a ordine universale. Non è robetta da poco, mi pare. Anima altrui vuole essere un tributo a quegli scrittori che hanno consapevolezza di tutto ciò, come è appunto il Manuel della mia storia. Manuel sa e sa anche che ciò che sa deve rivelarlo. Ed è esattamente ciò che farà al fondo della propria storia”.

Mi ha colpito il riferimento al quadro “Caduta di Icaro”: quale valore assume nel romanzo?

Anima altrui è un libro che rivela l’esatta posizione delle cose. Rivela ciò che non appare immediatamente alla vista perché lo si cerca altrove, quando invece è nel punto più vicino, esattamente sotto i propri occhi. Credo che non vi fosse metafora più perfetta del quadro di Bruegel il Vecchio per rappresentare tutto ciò. Anzi, a dire il vero, fu proprio quel quadro ad ispirare il mio romanzo”.

A quale genere appartiene il tuo libro e a chi ne consiglieresti la lettura?

“Anima altrui è stato definito dal mio editore un thriller intimistico psicologico. Credo sia una definizione adatta, se proprio dobbiamo incasellarlo in una definizione. È un thriller perché c’è un mistero da risolvere, il perché Anna è stata convocata in quello strano parcheggio per tir alla periferia della città alle sette del mattino. Si sente immediatamente che c’è un destino che le incombe addosso. Ma poi Anima altrui è anche intimistico, perché in effetti tutto si svolge nell’animo dei personaggi. Ed è psicologico perché è una specie di gioco mentale in cui ognuno cerca di allontanare da sé i sospetti dell’altro.

Un po’ tutti i miei libri sono così: mistero, interiorità, forza mentale. Direi che questa definizione di scrittore intimista con venature di giallo mi si adatta e come tale mi rivolgo a tutti coloro che amano approfondire gli aspetti della vita e dell’esistenza in generale, che amano conoscere i poteri della mente umana e universale e che soprattutto vogliano andare oltre l’apparente, oltre il visibile, oltre la fisicità delle cose”.

Hai altri libri nel cassetto?

“Assolutamente sì. Ho già consegnato un altro manoscritto al mio nuovo editore, Argonauta edizioni, che ringrazio per la fiducia che mi sta accordando. Secondo le nostre intenzioni dovrebbe uscire per il salone dell’anno prossimo, nel 2024, ma intanto sto già lavorando a tre altri libri. Dico tre. Ho molta carne al fuoco. Speriamo che … non si bruci tutto!”

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