“Il vocabolario in valigia di Beata De Martinis”: il romanzo d’esordio di Serena Bacchiocchi. Intervista all’autrice
Un viaggio visionario nel mondo dei Single, dei Non Single e dei Single a metà. Valigie danzanti e parole ritrovate. Vite intrecciate, segreti e amori immortali.
Attraverso espedienti narrativi che ricordano la struttura di una matrioska, Serena Bacchiocchi accompagna la sua protagonista Beata in un originale percorso di ricerca e di scoperta. Indagando la varietà del mondo dei single, l’autrice ci invita a riflettere sulle molteplici sfumature della natura umana; andando a ritroso nelle vicende della famiglia De Martinis, apre finestre sulla storia della nostra società. Lo stile frizzante e ironico stuzzica la fantasia e invoglia a proseguire il viaggio con Beata, a portare le sue valigie e a scoprire cosa contengono.
SERENA BACCHIOCCHI nasce ad Ancona il 25 settembre 1976 sotto il segno della Bilancia. Sebbene molto impegnata sul piano lavorativo e imprenditoriale, continua a assecondare la propria natura artistica e a scrivere poesie e racconti. Dicono di lei: ironica, eclettica, energica.
Quando è nata la tua passione per la scrittura?
“La passione per la scrittura viene da lontano. Probabilmente, negli anni, è andata di pari passo con quella per la lettura. I Libri, come la cinematografia del resto, per me hanno da sempre rappresentato la mia isola felice, il mio morso di libertà intellettuale e un vero e proprio luogo di ristoro emotivo. Scrivere, per lungo tempo (come ora del resto!), è stato il mio modo per capire, interpretare e gestire la realtà. Una sorta di lente d’ingrandimento sugli stati d’animo, sulle tendenze socio culturali, sui cambiamenti o sulle nostre impressioni. Diciamo che con una penna in mano e un foglio bianco da riempire mi sento più a fuoco. Maggiormente lucida, attenta e riflessiva. Caratteristiche che si ritrovano anche in Beata, del resto.”
Il vocabolario in valigia di Beata De Martinis è il tuo libro d’esordio, come si è sviluppata l’idea?
“Beata, da sempre, viveva dentro di me. Questo libro mi ha dato l’occasione di liberarla, di lasciarla uscire e di accettare che andasse, con le sue gambe, in giro per il mondo. L’idea è nata da sola. Come emerge dal racconto, non avevo idea che ne sarebbe uscito un vero e proprio romanzo. Ne “La Valigia dell’Urgenza”, Beata spiega molto bene cosa succede quando si avverte la necessità di raccontare qualcosa. Di come sia impossibile, a volte, fermare le parole che, esattamente come accade ad un fiume in piena, non possono essere arrestate fin tanto che non hanno concluso il loro percorso. Allo stesso modo, ne “La Valigia del Processo Creativo”, Beata accompagna il lettore in un luogo fatto di luce creativa nel quale si può trovare la scintilla e lo slancio per tirarsi fuori da alcune situazioni difficili da gestire. E così ho iniziato a scrivere una pagina. Poi quelle pagine sono diventate due. Poi tre. Poi quattro. E alla fine, un anno dopo, mi sono ritrovata per le mani un manoscritto di quasi mille pagine.”
Che tipo di autrice sei e quanto di te c’è nel libro?
“Che tipo di autrice sono? Sicuramente appassionata, rispettosa, inclusiva, mentalmente aperta, ricettiva, non giudicante e molto attenta ai dettagli e al lessico. E queste sicuramente sono caratteristiche che mi appartengono anche nella vita. Per il resto quello che posso dire è che dai moltissimi feedback che ho ricevuto in molti mi hanno riconosciuto uno stile frizzante, ironico e divertente. In molti hanno apprezzato la proprietà di linguaggio, la ricchezza di vocaboli e l’importanza che viene attribuita ad ogni singola parola. Altri hanno apprezzato la capacità di affrontare tematiche profonde ma senza indugiare nell’attitudine al melodramma. Ecco. Il mio senso dell’umorismo e il mio sorriso sempreverde, sicuramente, in questo, hanno giocato un ruolo importante.”
Il tuo è un viaggio fra ricordi, emozioni, riflessioni. Quali tesori nascondono le valigie di Beata?
“Si è vero. Quello di Beata è un vero e proprio viaggio. Per questo hanno così tanta importanza le sue Valigie. Questo bagaglio simbolico (ma mica poi tanto!) accuratamente selezionato, indagato e amministrato con pazienza ed attenzione. Allo stesso modo, come in ogni viaggio che si rispetti, i compagni di cammino sono fondamentali e fanno la differenza. Beata, in questo, è stata molto fortunata. Probabilmente sono questi i veri Tesori nascosti nelle sue Valigie: le persone e le loro storie. Personaggi del passato fuori dall’ordinario, coraggiosi, passionali, fragili eppure fortissimi. Musicisti Artisti, Gitani, Circensi, Sognatori. Innamorati della Vita e innamorati dell’Amore. Allo stesso modo grande spazio è dato ai compagni di viaggio del presente. Ogni Single, Non-Single o Single-a-metà che Beata incontra durante il cammino rappresenta un tassello importante per la crescita personale, la presa di coscienza di se stessi e della propria identità. Un altro tesoro, se così si può definire, è il Vocabolario di Beata. Questo piccolo dizionario di sentimenti, di emozioni e di Parole che diventano il vero e proprio veicolo attraverso il quale esprimersi, raccontare se stessi e, ancora più importante, aprirsi all’ascolto delle storie degli altri.”
Quale messaggio hai voluto trasmettere?
“Quale messaggio? Primo fra tutti l’amore folle per la Vita. Per le sue contraddizioni. Per le sue meraviglie. Per le occasioni. Per le nuove opportunità. Questo libro, a tutti gli effetti, è un vero e proprio Inno alla Vita. All’imprevedibilità, allo stupore. Ne “La Valigia del Luna Park Itinerante”, che per inciso chiude il romanzo, Beata consegna al lettore il suo messaggio conclusivo: brindare alla corte dei Re, sebbene vestiti di stracci. Prima che le luci del nostro luna Park si spengano. Prima di diventare delle lische di pesce in un letto. Grazie alle incredibili storie di personaggi come Florian, come Nem Nem Farkas, come Bèla Krashov e il Grande Barnabas, Beata ci ricorda che non c’è altro modo per vivere la vita: viverla e basta! Inoltre, in molte Valigie, come in quella delle Autopsie, in quella del Senso di Colpa, in quella del Perdono, in quella della Pazienza o in quella del Tempo, si avverte un messaggio fatto di accoglienza di se stessi, delle nostre zone d’ombra, della nostra vulnerabilità, delle nostre fragilità, delle nostre imperfezioni e, naturalmente, delle nostre mutilazioni. Beata porta con se un messaggio di pace, di amore universale, di riscatto e di redenzione di cui tutti, spesso, abbiamo bisogno per ripristinare un equilibrio che, a volte, gli urti e i colpi della vita hanno fatto traballare o vacillare.”
Perché un lettore dovrebbe leggere il tuo libro?
“Il Vocabolario in Valigia di Beata de Martinis potrebbe fare bene al cuore e allo spirito. Conduce in un luogo libero dalle frustrazioni, dai sensi di colpa, dalle aspettative stritolanti e dalla collera. Un luogo in cui non esistono fallimenti, ma solo tentativi. Un luogo fatto di speranza, di sogni e di passioni. Un luogo ricco di possibilità, di riflessioni, di prese di coscienza. Allo stesso tempo i suoi repentini e improvvisi cambi di registro, come sulle montagne russe del resto, portano il lettore in luoghi magici, misteriosi ed inaspettati nei quali tornare a provare la meraviglia, il brivido, la vertigine e lo stupore. Luoghi che riconducono al fanciullo interiore che alberga in ciascuno di noi. Luoghi in cui ci si può commuovere, sorridere ed emozionarsi senza filtri. Luoghi che profumano di ricordi, di miele, di croccante e di zucchero filato.”
Stai lavorando a altri progetti letterari?
“Per il momento mi godo il viaggio di Beata fin tanto che la sua corsa nel mondo non si sarà arrestata. Non ti nego però che, in effetti, un progetto letterario c’è. Ma è ancora nella sua fase embrionale per tanto sarebbe prematuro parlarne adesso. Quello che posso dire, però, è che si tratta della storia di un’altra donna alle prese con le sterzate della vita. In molti mi hanno chiesto di scrivere il Prequel di Beata, a dirla tutta. Molti lettori, tra cui mia sorella in primis, hanno espresso il desiderio di sapere di più su Damiano, su Laszlo, sulle sorelle Montini Berruti e, manco a dirlo, sulla vita della Zingara. Chissà che un giorno non li accontenti.”