ROMA – La Cassazione boccia la legge n. 80 del 9 giugno, il cosiddetto decreto sicurezza, licenziato dal Consiglio dei ministri lo scorso aprile e recante “disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”. I giudici della Suprema Corte, raccogliendo le perplessità della comunità giuridica, lunedi’ 23 giugno, hanno stilato una relazione di 129 pagine (la 33/2025) individuando le criticità normative e rilevando la non adeguatezza dello strumento utilizzato dal governo, ossia il decreto legge. Per la Cassazione mancherebbero i requisiti di necessità e urgenza per cui si paventa il rischio di incostituzionalità. Inoltre, osservano, sono state inserite aggravanti ingiustificate e non proporzionate. Si sottolinea anche il fatto che il provvedimento non ha rispettato, sintetizzando, un ‘corretto’ iter di bicameralismo perfetto.
Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio ha dichiarato: “In merito alle diffuse notizie di stampa, sono incredulo, e ho dato mandato all’Ufficio di Gabinetto del Ministero di acquisire la relazione dell’ufficio del Massimario e di conoscerne l’ordinario regime di divulgazione”.
Nella relazione si legge: “Il d.l. n. 48 del 2025, convertito senza modificazioni dal Parlamento, riproduce quasi alla lettera il contenuto del corrispondente disegno di legge ‘sicurezza’ di iniziativa governativa avente il medesimo oggetto e la medesima rubrica (Atto Camera n. 1660, recante: ‘Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario’, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati in data 18 settembre 2024 e poi trasmesso al Senato della Repubblica (Atto Senato n. 1236), ove le Commissioni I e II lo avevano esaminato ed approvato il 26 marzo 2025 apportando limitatissime modificazioni. Dunque, i contenuti del d.l. sicurezza sono quasi del tutto sovrapponibili a quelli del testo del d.d.l. sicurezza approvato dal Senato, salvo che per talune parti modificate dal testo d’urgenza”. Ciò “consente – ai presenti fini d’analisi – di poter considerare tuttora attuali i contributi dottrinari formulati sull’originaria proposta di legge parlamentare come pure i contributi depositati dai molti accademici auditi in quella sede”.
I giudici della Cassazione rilevano le “numerose perplessità espresse dai costituzionalisti, a diverso titolo” e ritengono “utile soffermarsi su ciascuno dei lamentati vizi procedurali, riguardanti principalmente l’art. 77 Cost”, quello sulla decretazione d’urgenza. “È stata altresì segnalata – scrivono – in sede di audizione sul d.d.l. di conversione, la violazione degli artt.55, comma primo, Cost., che pone il principio del bicameralismo paritario, nonché dell’art. 70 Cost., in termini di piena titolarità della funzione legislativa di entrambe le Camere. La scelta di sottrarre il testo all’ordinario procedimento legislativo e trasfonderlo in un decreto-legge, produrrebbe, poi, una serie di conseguenze: ‘l’accelerazione dei tempi di discussione (art. 85, comma 6, reg. Camera), la conseguente contrazione della possibilità di apportare emendamenti, che saranno comunque sempre pro futuro, la complessiva compressione del pieno dispiegarsi di quei tempi e modi di dibattito, di esame e di voto che dovrebbero caratterizzare la funzione legislativa, in particolare in materie coperte da riserva di legge, come sono i diritti di libertà e la materia penale” (cfr. Corte cost. n. 360 del 1996); ‘a ciò si aggiunge l’estrema disomogeneità dei contenuti di questo testo, che avrebbe richiesto un esame ed un voto separato sulle singole questioni, rappresentate nell’originario disegno di legge (A.S. n. 1236) da altrettanti singoli articoli, mentre la conversione in legge li riunisce ‘a bordo’ di un unico articolo, in violazione, quindi, dell’art. 72, comma primo, Cost., che prevede che ‘ogni disegno di legge’ sia ‘esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale’”.
Altro capitolo critico: “La ritardata presentazione alle Camere”. Si legge nella relazione: “Il primo profilo di illegittimità segnalato consisterebbe in una violazione della Costituzione evocativamente definita ‘geometrica’ da un costituzionalista. Invero la Costituzione impone, all’art. 77 Cost., comma secondo, che: ‘Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni’. Nella specie, il decreto-legge in disamina è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 4 aprile 2025, ma il relativo disegno di legge di conversione (Atto Camera n. 2355) è stato presentato alla Camera dei deputati soltanto l’11 aprile 202549, cioè una settimana dopo. Di qui la segnalata violazione diretta della lettera dell’art. 77 Cost., conseguenza della nota prassi normativa della pubblicazione tardiva dei decreti-legge51 (frequente nel caso dell’approvazione dei decreti-legge ‘salvo intese’), prassi considerata, all’evidenza, contra Constitutione”.
Per quanto riguarda la carenza dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza segnalano: “Il problema principale segnalato dai giuspubblicisti e dai penalisti espressisi finora sul decreto sicurezza concerne la, supposta, ‘evidente mancanza’ dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza e, quindi, la violazione anche sotto tale profilo – ma più pregnante rispetto al precedente – dell’art. 77, comma secondo, Cost. Ciò per la semplice ragione che il decreto sicurezza si è posto come ‘veicolo celere della normativa recata” dal ddl sicurezza “che era stato oggetto di un lungo confronto parlamentare ed era giunto assai vicino all’approvazione in seconda lettura in Aula, senza che siano intervenuti fatti nuovi configurabili come casi straordinari di necessità ed urgenza ai sensi dell’art. 77 Cost”. Insomma, “sei lunghi mesi di esame del d.d.l. sicurezza al Senato (A.S. n. 1236) e sei alla Camera (A.C. N. 1660)” dimostrerebbero ‘meglio di ogni altro argomento l’assenza dei presupposti costituzionali di necessità ed urgenza, e sarebbe paradossale venissero addotti nella causa di un’urgenza che da essi deriva’”.
E ancora “dal punto di vista delle finalità perseguite e, quindi, del contenuto, il provvedimento d’urgenza nasce eterogeneo, così come lo era l’originario d.d.l. sicurezza73 che ha interamente trasfuso: di qui l’ulteriore – denunciato – profilo della disomogeneità, vizio considerato ‘figura sintomatica’ dell’insussistenza dei presupposti giustificativi del provvedimento d’urgenza ex art.77 Cost. (ex multis Corte cost. n. 146 del 2024; Corte cost. n. 22 del 2022; Corte cost. n. 138del 2018; Corte cost. n. 244 del 2016).
Quanto ai contenuti, sono decine i profili di criticità o problematicità individuati. Sulle aggravanti, la Cassazione sottolinea come non sia chiaro per tutte le condotte punibili il nesso con il principio di offensività e che sia il rischio criminalizzazione eccessiva di alcune condotte nella manifestazione del dissenso o di alcuni gruppi. Non convincono nemmeno le norme su carceri e Cpr, detenute madri e sulla non punibilità degli agenti segreti a cui viene consentito di “creare gruppi eversivi da zero”.