Trent’anni dalla strage di Capaci, Mattarella: “Lotta alla mafia non consente pause o distrazioni”

Maria Falcone: "Le stragi del 1992 sono state come gli attentati delle Torri gemelle negli Stati Uniti, con un prima e un dopo"

PALERMO – L’applauso dei ragazzi delle scuole giunti sul prato del Foro Italico di Palermo ha accolto l’arrivo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla manifestazione ‘1992-2022/La memoria di tutti’ – L’Italia, Palermo trent’anni dopo’, organizzata dalla Fondazione Falcone per ricordare le vittime della strage di Capaci. Sull’autostrada A29 quel pomeriggio morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.

MATTARELLA: LOTTA ALLA MAFIA NON CONSENTE PAUSE O DISTRAZIONI

“L’impegno contro la criminalità non consente pausa nè distrazioni”. Lo dice il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, partecipando all’Iniziativa a trent’anni dalla strage di Capaci. Mattarella ha ricordato l’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e delle loro scorte, nelle stragi di mafia.

“Onorare oggi la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino- ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella- vuol dire rinnovare quell’impegno, riproponendone il coraggio e la determinazione. L’impegno contro la criminalità non consente pause né distrazioni. Giovanni Falcone diceva che ‘l’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza’. Agiva non in spregio del pericolo, non alla ricerca di ostentate forme di eroismo bensì nella consapevolezza che l’unico percorso possibile fosse quello che offre il tenace perseguimento della legalità, attraverso cui si realizza il riscatto morale della società civile”.

DOPO IL BOATO IL SILENZIO, MA L’ITALIA REAGÌ

Sono trascorsi trent’anni da quel terribile 23 maggio – sottolinea Mattarella – quando la vita della nostra Repubblica sembrò fermarsi come annientata dal dolore e dalla paura. Il silenzio assordante dopo l’inaudito boato rappresenta in maniera efficace il disorientamento che provò il Paese di fronte a quell’agguato senza precedenti, in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Del tutto al contrario di quanto avevano immaginato gli autori del vile attentato, allo smarrimento iniziale seguì l’immediata reazione delle Istituzioni democratiche”. “Il dolore e lo sgomento di quei giorni – ha aggiunto Mattarella – divennero la drammatica occasione per reagire al violento attacco sferrato dalla mafia; a quella ferocia la nostra democrazia si oppose con la forza degli strumenti propri dello Stato di diritto. Altrettanto significativa fu la risposta della società civile, che rifiutò di subire in silenzio quella umiliazione e incoraggiò il lavoro degli investigatori contribuendo alla stagione di rinnovamento. Neanche questo la mafia aveva previsto. Come non aveva preventivato il movimento culturale che, a partire da quei giorni, ha animato il Paese, trasformando questa dolorosa ricorrenza in un’occasione di continua crescita per promuovere nuove forme di cittadinanza attiva”.

Il presidente Mattarella ha ringraziato Maria Falcone che – “con la fondazione che presiede si adopera affinché la memoria di Giovanni Falcone e del suo sacrificio non sollecitino soltanto un ricordo ma contribuiscano ad alimentare l’impegno per l’affermazione dello Stato di diritto anzitutto nella società civile”.

“LE VISIONI DI FALCONE OSTEGGIATE ANCHE DAI MAGISTRATI”

Le visioni d’avanguardia, lucidamente ‘profetiche’, di Falcone non furono sempre comprese – ha ricordato Mattarella -; anzi in taluni casi vennero osteggiate anche da atteggiamenti diffusi nella stessa magistratura, che col tempo, superando errori, ha saputo farne patrimonio comune e valorizzarle. Anche l’ordinamento giudiziario è stato modificato per attribuire un maggior rilievo alle obiettive qualità professionali del magistrato rispetto al criterio della mera anzianità, non idoneo a rispondere alle esigenze dell’Ordine giudiziario”.

Il presidente della Repubblica ha sottolineato che “le esperienze innovative di quegli anni si sono tradotte, all’indomani dei drammatici attentati, in leggi che hanno fatto assumere alla lotta contro la mafia un livello di incisività ed efficacia mai raggiunto fino ad allora. Con la determinazione di fare giustizia, facendo prevalere il diritto e la legge, ripristinandolo. Per consentire alle persone pienezza di libertà e maggiori opportunità di futuro contro la presenza delle mafie che ne ostacola e talvolta ne impedisce l’effettiva libertà”.

FUNZIONE DEI MAGISTRATI È ESPRESSIONE DELLA DEMOCRAZIA

Giovanni Falcone era “un grande magistrato e un uomo con un forte senso delle istituzioni. Non ebbe mai la tentazione di distinguere le due identità perché aveva ben chiaro che la funzione del magistrato rappresenta una delle maggiori espressioni della nostra democrazia e, in qualunque ruolo, ha sempre inteso contribuire, con competenza e serietà, all’affermazione dello Stato di diritto. La portata della sua eredità è resa evidente anche dalle modalità della celebrazione di oggi, attraverso la quale viene rinnovato l’impegno contro la mafia”.

“Poco meno di tre settimane fa – ha ricordato Mattarella – qui a Palermo, presso l’aula-bunker, ha avuto luogo la sessione conclusiva della Conferenza dei Procuratori europei, dedicata alla commemorazione di Falcone. È stato un omaggio di alto significato perché fu il primo ad intuire e a credere nel coordinamento investigativo sia nazionale sia internazionale, quale strumento per far emergere i traffici illeciti che sostenevano economicamente le mafie”.

MARIA FALCONE: “ATTENTATI DEL 1992 FURONO COME TORRI GEMELLE PER GLI USA” 

“Le stragi del 1992 sono state come gli attentati delle Torri gemelle negli Stati Uniti, con un prima e un dopo”. A dirlo è stata Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci del 23 maggio 1992, ricordando l’estate di 30 anni fa dal palco del Foro Italico di Palermo. “La mafia non si vince soltanto con la repressione – ha aggiunto la presidente della Fondazione Falcone ricordando le parole del fratello -, bisogna combatterla sul piano culturale e questo è quello che abbiamo fatto in questi anni”. Poco prima, aprendo la manifestazione del Foro Italico, Maria Falcone aveva ricordato così il fratello: “Giovanni non voleva essere un eroe ma soltanto un magistrato che faceva il suo dovere”.

LA SORELLA DI FALCONE: “VOGLIAMO MESSINA DENARO IN CARCERE”

“Quest’albero che adesso è un monumento nazionale è il simbolo della rinascita della società civile, che ci ha permesso di andare avanti e di mettere in carcere tutti i latitanti. Resta solo Matteo Messina Denaro e il giorno in cui lo prenderanno veniamo tutti qui a gioire insieme. Lo vogliamo nelle nostre carceri, ma sempre con il rispetto del diritto che contraddistingue uno Stato democratico”. Lo ha detto Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci, dal palco allestito accanto all’albero di via Notarbartolo, dove viveva il giudice.

BIANCHI: “RICORDO IMPORTANTE, PUNTARE SUI GIOVANI

“Ricordare è importante. Oggi abbiamo più di mille ragazzi che sono venuti da tutta Italia: abbiamo più di 1.400 lenzuola fatte dalle scuole che ricordano quella che è la pedagogia della legalità. Il modo principale per sconfiggere la mafia è quello di portare qui i ragazzi di farli studiare, fare avere loro le parole di libertà contro la mafia”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, giungendo al Foro Italico di Palermo per la manifestazione del 30esimo anniversario della strage di Capaci organizzata dalla Fondazione Falcone. (www.dire.it)

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