Indagini bancarie, l’autorizzazione non è obbligatoria

Roma – In materia di indagini bancarie, la mancanza di autorizzazione ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente. Nel caso in esame, con la decisione n. 4853 del 23 febbraio 2024, i giudici di legittimità hanno confermato l’indirizzo giurisprudenziale consolidato in materia. 

Il caso 
La controversia origina dalla notifica di un avviso di accertamento, con cui l’Agenzia recuperava a imposizione, nei confronti di un contribuente, un maggiore reddito per l’anno di imposta 2006, a seguito di indagini sui suoi conti bancari. 

Il giudice del primo grado accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, decurtando un importo dal maggior imponibile individuato dall’ufficio. 

La Ctr pugliese accoglieva integralmente l’appello principale promosso dalla parte privata, dichiarando la nullità dell’accertamento in considerazione dell’illegittimità dell’acquisizione dei dati bancari, poiché l’autorizzazione a tali indagini non era stata richiesta e non era stata allegata all’avviso di accertamento. 

L’Agenzia proponeva ricorso contro tale decisione, eccependo, in prima battuta, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 cpc, in quanto i giudici di appello si erano espressi in merito alla inesistenza della autorizzazione, mai contestata dalla parte che aveva dedotto, fin dal primo grado di giudizio, esclusivamente la sua mancata esibizione. In secondo luogo, l’Agenzia eccepiva la violazione dell’articolo 32, comma 1, n. 7), del Dpr n. 600/1973, laddove la Ctr aveva ritenuto necessaria l’allegazione dell’autorizzazione all’atto impositivo e la sua motivazione ai fini della legittimità dell’accertamento. 

La decisione della Cassazione 
Con l’ordinanza in argomento, i giudici della suprema Corte, dopo aver richiamato i consolidati principi sul tema, hanno ribadito che la mancanza di autorizzazione, prevista dall’articolo 32, comma 1, n. 7), del Dpr n. 600/1973, per l’accertamento delle imposte dirette e, con riferimento all’Iva, dall’articolo 51, comma 2, n. 7), del Dpr n. 633/1972, ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio, in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni e, in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal  codice di procedura penale, dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita. 

Inoltre, i giudici ritengono che non vi sia neppure un obbligo di allegazione della autorizzazione all’avviso di accertamento. Affermano, infatti, che l’autorizzazione prescritta dal citato articolo 51, comma 2, n. 7), ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie, esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e, in quanto tale, non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite. Al contrario, l’eventuale illegittimità dell’atto impositivo può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente. In particolare, l’organo giurisdizionale ha chiarito che l’esibizione tempestiva di tale autorizzazione non è indispensabile, neppure ai fini del controllo della motivazione della stessa, considerato che, in tema di accertamento delle imposte, sia dirette che indirette, l’autorizzazione necessaria agli uffici per l’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall’indicazione dei motivi che ne hanno giustificato il rilascio. 

Osservazioni 
Gli articoli 32, comma 1, n. 7), Dpr n. 600/1973 e 51, comma 2, Dpr n. 633/1972, attribuiscono agli uffici finanziari il potere di chiedere alle banche, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento o del direttore regionale dell’Agenzia delle entrate, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata. 

Da tempo la giurisprudenza di legittimità sostiene che il difetto di autorizzazione non comporti la nullità dell’avviso di accertamento (cfr Cassazione nn. 4987/2003 e 4001/2009). 

Pertanto, la legittimità dell’atto non è subordinata all’esibizione, da parte dell’ufficio, dell’autorizzazione. 

Con la sentenza in esame, la suprema Corte ritorna sul tema, confermando questa impostazione: non occorre l’esibizione dell’autorizzazione, in quanto essa è strumentale all’acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari; ne discende, che non sussiste alcun obbligo di allegazione della stessa in considerazione del fatto che essa costituisce un mero atto organizzativo interno agli uffici. Da ultimo, viene riconfermato che l’autorizzazione necessaria agli uffici per l’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall’indicazione dei motivi che ne hanno giustificato il rilascio. 

I giudici di legittimità spiegano la decisone facendo riferimento a un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, perché, in relazione a detta autorizzazione, la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, a differenza di quanto stabilito, invece, per gli accessi e le perquisizioni domiciliari, dagli articoli 33, del Dpr n. 600/1973, e 52, del Dpr n. 633/1972; e poi, anche perché la medesima autorizzazione, a dispetto del nomen iuris adottato, esplicando una funzione organizzativa, incidente esclusivamente nei rapporti tra uffici, e avendo natura di atto meramente preparatorio, inserito nella fase di iniziativa del procedimento amministrativo di accertamento, non è nemmeno qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per le quali, rispettivamente, gli articoli 3, comma 1, della legge n. 241/1990, e 7 dello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000), prevedono l’obbligo di motivazione (cfr Cassazione nn. 14026 e 5849 de 2012). 

Alla luce di tali principi, i supremi giudici, nel caso in questione, hanno ritenuto errata la sentenza emessa nel secondo grado del giudizio, laddove essa ha dato rilevanza a un vizio (la mancata richiesta dell’autorizzazione) mai dedotto dalla parte, con ciò violando l’articolo 112 cpc e anche laddove essa ha ritenuto che fosse espressamente stabilito che tale autorizzazione dovesse essere allegata all’avviso di accertamento e che dovesse essere adeguatamente motivata. 

In definitiva, con la decisione in commento la suprema Corte conferma che, in materia di indagini bancarie, la mancanza di autorizzazione ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio, in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni e in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal codice di procedura penale, dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita. Pertanto, per il contribuente, la conoscenza dell’autorizzazione all’espletamento delle indagini bancarie e l’indicazione dei motivi che ne hanno determinato il rilascio non costituiscono presupposti di legittimità per la successiva emissione dell’avviso di accertamento da parte dell’ufficio.

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