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La Primavera di Praga di Guccini, dal rogo di Palach alla rabbia giovanile sessantottina

Analisi storico-culturale del brano che racconta una singolare Primavera nel contest di un periodo di contestazione giovanile sfociata nei movimenti studenteschi

Editoriale – Il noto brano Primavera di Praga va analizzato sotto un contesto culturale, e non bisogna certo commettere l’errore di banalizzare un approfondimento sul condizionamento della appartenenza politica di Guccini.  Sulla quale si può non essere d’accordo ma nel contempo nella logica di una storia della musica non si può di certo ignorare la molteplicità di aspetti che hanno animato un grande cantautore che ha raccontato storia, emozioni entrati poi  in una sorta di immortalità. Erano gli anni in cui, specialmente in Italia, la sinistra rimarcava fortemente un ruolo di contestazione e di anticonformismo ed i cantautori come Guccini non hanno fatto altro che “celebrare” quelle posizioni. Oggi è tutto cambiato, l’ascolto è più melodico ma sui testi non siamo abituati a soffermarci poi molto. 

Eppure c’è storia da approfondire e da capire.

Con Primavera di Praga si concentra l’attenzione in un periodo di timide riforme e liberalizzazione politica che ha riguardato la  Cecoslovacchia nel 1968 sotto la guida dello slovacco Alexander Dubček (1921 – 1992). La risposta dell’Unione Sovietica, preoccupata dalla perdita di un alleato strategico per la Guerra Fredda, non si fece attendere: il 20 agosto del 1968 carri armati provenienti dagli altri paesi del Patto di Varsavia occuparono militarmente la capitale cecoslovacca.

Qualche mese dopo, come gesto di estrema protesta per la situazione del paese, lo studente Jàn Pàlach (1948 – 1969), che nella canzone di Guccini  viene paragonato a Jan Hus, si diede alle fiamme in Piazza San Venceslao.

E’ indubbiamente interessante notare come gli eventi di quel periodo abbiano influenzato la scena musicale. In Italia, Francesco Guccini ebbe a decidere di cantare un evento specifico per l’appunto la primavera di Praga. La canzone esce nell’album Due anni dopo  A ridosso degli eventi, il brano è carico di echi storici e trasmette alla perfezione i sentimenti generali del periodo.

Sono molti gli avvenimenti che stavano scuotendo il mondo rivoluzioinario del 68. Di certo, da parte di Guccini, la scelta di trattare nello specifico la primavera di Praga è simbolica. Dopo l’ascesa di Dubček nel gennaio del 1968 in Cecoslovacchia, il tentativo di far passare una linea più morbida, un “comunismo dal volto umano”, ebbe vita breve. Nella notte tra il 20 e il 21 agosto, infatti, il sogno andò in frantumi con l’invasione delle truppe del Patto di Varsavia. La non risposta dei Paesi occidentali fu un chiaro segno di debolezza dovuto agli equilibri fragili della Guerra Fredda.

In un clima così teso, di insicurezze e di rabbia giovanile espressa soprattutto negli atenei di molte nazioni, Guccini riprende un fatto ancora più particolare. Come segno di protesta un giovane studente in filosofia, Jan Palach, decise di darsi fuoco nella piazza San Venceslao nel 1969. Nella sua interpretazione, Guccini lo paragona in modo geniale a Jan Hus  seguace di Wyclif e considerato quindi un vero pioniere della riforma protestante, arso sul rogo nel 1415. Il testo di Primavera di Praga recita, infatti: “Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava/All’orizzonte del cielo di Praga”. L’atmosfera rievocata è tetra, buia e nel contempo profonda così come l’arrangiamento musicale che rimarca ogni singola parola del brano, e tende a rappresentare la visione del futuro di giovani disillusi.

A creare gli effetti di angoscia e di pesantezza del brano che ha fatto la storia,  contribuiscono dunque sia le sonorità scelte che il testo che si presenta da sempre  ricco di interrogativi destinati a restare senza risposta. L’accompagnamentop con la chitarra acustica, lascia spazio alla voce e alle parole che colpiscono subito. Le strofe contestualizzano, raccontano l’abitudine e la quotidianità che attraversa Praga nella sua singolare primavera:

Come ogni giorno la notte arrivava
Frasi consuete sui muri di Praga

Tutto cambia con l’irruzione di quel “ma“, che ci introduce al primo ritornello. Subito colpiscono il fumo e il fuoco, che invadono la scena e trasformano lo scenario. Di colpo Guccini ci catapulta nella piazza in cui Jan Hus ebbè a darsi  fuoco nel clima diffuso in quegli anni. Nel finale, seppure sempre con un dubbio creato dall’interrogativa, si apre un qualche barlume di fiducia verso il futuro:

Dimmi chi era che il corpo portava
La città intera che lo accompagnava
La città intera che muta lanciava
Una speranza nel cielo di Praga

Le capacità evocative di Guccini traspaiono già nei suoi primi lavori. Ricordiamo che Due anni dopo è il secondo album del cantautore: le sue conoscenze storiche e letterarie, nonché le sue abilità poetiche, si possono cogliere e verranno amplificate soprattutto negli album successivi. L’impegno politico di un cantautore come Francesco Guccini  permette ancora oggi di ripercorrere delle tappe storiche importantissime e di proiettarci nel vivo di quello che doveva essere il malcontento del tempo.

PRIMAVERA DI PRAGA

Di antichi fasti la piazza vestita
grigia guardava la nuova sua vita
come ogni giorno la notte arrivava,
frasi consuete sui muri di Praga.

Ma poi la piazza fermò la sua vita
e breve ebbe un grido la folla smarrita
quando la fiamma violenta ed atroce
spezzò gridando ogni suono di voce.

Son come falchi quei carri appostati
corron parole sui visi arrossati,
corre il dolore bruciando ogni strada
e lancia grida ogni muro di Praga.

Quando la piazza fermò la sua vita
sudava sangue la folla ferita,
quando la fiamma col suo fumo nero
lasciò la terra e si alzò verso il cielo

quando ciascuno ebbe tinta la mano,
quando quel fumo si sparse lontano
Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava
all’orizzonte del cielo di Praga.

Dimmi chi sono quegli uomini lenti
coi pugni stretti e con l’odio fra denti
dimmi chi sono quegli uomini stanchi
di chinar la testa e di tirare avanti

dimmi chi era che il corpo portava,
la città intera che lo accompagnava
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga.

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