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Da Bettino a Gigino, l’involuzione politica diametralmente opposta del terzo millennio

Editoriale – Oltre venti anni separano l’Italia da un suo leader storico: Bettino Craxi. Capro espiatorio di un sistema fu destinato all’esilio, termine che ci riporta indietro nel tempo all’epoca della fuga del Re Vittorio Emanuele. Ma i contesti furono diametralmente opposti. Craxi ebbe a pagare colpe di un sistema condannato da una politica che si incartò su sè stessa. Per vetustà, per crisi di una identità politica che si è voluta mettere alla porta perchè colpevole di un qualcosa che non sappiamo ancora oggi ben capire di cosa.

Il Pentapartito, le epoche craxiane, i legami internazionali, la politica di una Italia che faceva la parte del leone oggi è solo un lontano ricordo. E nell’anniversario della sua morte, nella umile tomba e con gli onori che la terra straniera gli riserva, si celebra una ricorrenza che in Italia è sin troppo tiepida. In qualche città come Omegna in provincia di Novara anche necrologi sono stati affissi per rendere ora per allora omaggio ad uno dei personaggi più carismatici che la storia repubblicana possa annoverare.

Il sistema sconfitto, l’uomo forte e potente mandato a vivere in una capanna nella terra di Tunisia che tanto lo ha amato. Da Bettino a Gigino, un era diametralmente opposta. Ed ora con lo sguardo ad un passato peraltro recente ci chiediamo: cosa è cambiato?

Gli statisti veri sono stati per lo più sostituiti da un populismo che non ha nemmeno ben capito chi e per cosa ha messo la croce sulle famose schede elettorali. Da allora siamo arrivati ad una Italia in torpore, dove i “leader” vengono derisi all’estero e che si riempiono di parole sempre più vuote. Un’epoca perduta quella di Craxi, e che oggi nonostante tangentopoli e vicissitudini varie, le generazioni che l’hanno vissuta la rimpiangono.

Craxi ha avuto anche la dignità di saper “perdere” una battaglia che però ancora presenta il conto aperto con una storia che evidenzia una involuzione di sistema, un popolo in torpore e troppi politici che da queste ceneri sono sorti portando solo sulla scena l’opportunismo, la saccenza e la mediocrità.

E’ giusto ricordare e celebrare non solo il socialismo del garofano, serio alleato di una Democrazia Cristiana che ebbe a rendere l’Italia una forza rispettata, e dove sicuramente il popolo però beneficiava di uno star bene generalizzato. Ripensando a quei tempi, molti li ricordano come “anni senza pensieri”, non vi era la benchè minima traccia del disagio imprenditoriale odierno, della situazione di decrescita e di una povertà che era ridotta ai minimi termini.

L’Italia del Leone oggi non esiste più, ed è simbolicamente sepolta in quel di Hammamet in Tunisia. Non per esaltare un uomo, ma per rendere giustizia alla storia. La parola è nelle mani del  popolo, al quale spetta il diritto di riprendersi una dignità fin troppo svenduta.

Daniele Imperiale direttore di Uffici Stampa Nazionali

 

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