Turismo, a Roma fanno capolino gli stranieri: ma allo shopping preferiscono il Colosseo
Davanti al Parco archeologico del Colosseo c'e' una vita inimmaginabile fino a un mese fa, ma il commercio è in ginocchio
ROMA – Chi e’ in fila sotto il sole, chi scatta foto, chi fa lo slalom tra venditori d’acqua e procacciatori di tour. In questa strana estate 2020, sono loro il primo segnale di un timido quanto benaugurante ritorno del turismo a Roma.
In effetti a meta’ mattina di questo 13 agosto, davanti al Parco archeologico del Colosseo c’e’ una vita inimmaginabile fino a un mese fa. Le lingue straniere si confondono di nuovo con i dialetti italiani, di nuovo le file si allungano e la sensazione e’ che non siano causate soltanto dai controlli anti-Covid.
“E’ cosi’- confermano dal Parco all’agenzia Dire- siamo contenti perche’ il trend degli ingressi sta aumentando e gia’ la scorsa settimana abbiamo toccato una media di seimila presenze al giorno”. Certo, non c’e’ paragone con gli anni passati, ma senza il turismo internazionale i numeri di Colosseo, Foro e Palatino lasciano davvero ben sperare. Tanto che la direzione ha deciso di riaprire da domani anche l’ingresso sul lato dell’Arco di Tito. E poi a fare da cartina di tornasole a questo ritorno estero e’ la Luna sul Colosseo, che registra “quasi sempre” un sold out per la versione in inglese.
Ma se il Parco, come molte altre istituzioni culturali romane, a Ferragosto non chiudera’ (come sempre), non si puo’ dire la stessa cosa per il cuore commerciale della Capitale. Basta lasciarsi alle spalle l’Anfiteatro e imboccare via dei Fori imperiali per vedere via via scemare questo nucleo turistico. Siamo all’altezza di largo Corrado Ricci, dall’altra parte della strada rispetto all’ingresso al Foro su via della Salara Vecchia, a dire il vero il meno affollato.
“Per Ferragosto qualcosa si muove, ma e’ come passare da zero a dieci scontrini. Che e’ gia’ una vittoria, per carita’, ma siamo lontanissimi rispetto allo scorso anno, non c’e’ storia”, ci racconta Paolo del Bar Angelino ai Fori. Tanti i tavolini all’aperto, pochi gli avventori.
“Se prima del Covid facevamo tra i 100 e i 150 cornetti, oggi siamo a 20, lo stesso per i panini”, aggiunge. Attraversiamo piazza Venezia e ci inoltriamo lungo via del Corso, la strada dello shopping per eccellenza. Vuota. Commessi fumano sull’uscio dei negozi deserti, camerieri che vanno a controllare come va negli altri locali. Ci sono i saldi, certo, ma non c’e’ chi ne approfitta. Ma non sono solo i turisti a non arrivare da questa parte del Centro.
“Purtroppo lo smart working ci ha massacrati– ci dice il titolare del Dante’s bar, locale a due passi dal Collegio romano e da piazza di Pietra- l’80% degli uffici e’ vuoto perche’ si lavora da casa. Speravamo nel ritorno del turismo europeo, ma presto ci siamo accorti che i tedeschi e i francesi vengono giusto per un weekend, vanno a visitare chiese e musei ma non vengono qui. Per la prima volta a Ferragosto chiuderemo 4 o 5 giorni, e come noi moltissimi altri negozi, soprattutto di abbigliamento”.
In questo scenario, “ben vengano le risorse a fondo perduto di cui si parla nel decreto Agosto– ci risponde il barista- e’ un’ottima cosa con tutti gli arretrati che abbiamo e l’incasso ridotto a un terzo. Anzi, se davvero l’Inps ci aiuta, come dicono, io richiamo tutti i miei dipendenti che ora sono in cassa integrazione, mentre a cinque purtroppo non ho potuto rinnovare il contratto”.
Accanto, le vetrine di un ottico sono piene di occhiali da sole, un must in questo periodo dell’anno. “Ma noi per il 90% lavoriamo con la clientela estera, che non c’e’– ci dicono- Sabato abbiamo lavorato bene, ma in questi giorni c’e’ il deserto. I soldi dal Governo? Speriamo che arrivino”.
Proseguiamo per via del Corso, entriamo in un negozio di scarpe dal target medio alto. “Lavoriamo con il turismo, e come il turismo ci manca l’80% delle vendite- ci spiegano le commesse- Qui a Ferragosto si svuota sempre, la consideriamo bassa stagione, ma gli anni scorsi qualcosa si muoveva sempre. Adesso no, e’ diverso, tanti colleghi hanno chiuso perche’ non riuscivano piu’ a pagare l’affitto. Certo, qualcuno in piu’ rispetto a un mese fa c’e’ e per noi e’ come vedere la luce in fondo al tunnel, ma dobbiamo ancora attraversarlo”.
Per loro “e’ giusto un contributo per i negozianti del Centro, perche’ magari chi ha un’attivita’ in altri quartieri ha risentito del Covid, ma non cosi’ tanto come noi che viviamo soltanto di turismo e che oggi speriamo solo di restare a galla”.
Usciamo e deviamo per largo Chigi. Il grande negozio della Bialetti, tra i marchi storici del made in Italy, e’ vuoto. Come via Frattina e piazza di Spagna, dove i Vigili controllano che la manciata di turisti presenti non si accomodi sulla scalinata di Trinita’ dei Monti. Ma con il caldo stanno tutti intorno alla Barcaccia. Si sporgono sulla passerella, mettono la testa sotto l’acqua.
Prendiamo via del Babuino, altra arteria dello shopping capitolino da poco risistemata. Ma non c’e’ nessuno nemmeno qui, i tavolini che qualche bar ha sistemato lungo il marciapiede dopo il via libera dei vari provvedimenti e in deroga alle disposizioni della Soprintendenza sono vuoti. Gia’ domenica scorsa molte saracinesche erano abbassate.
“Per la prima volta in 55 anni domani chiudiamo per ferie“, ci dice David Sermoneta, presidente di Federmoda, di Confcommercio Centro storico e presenza costante nel commercio tridentino.
“Sono riusciti a portare a compimento l’opera di museificazione del Centro di Roma. Non abbiamo piu’ residenti, non abbiamo piu’ dipendenti, ne’ utenti dei vari ministeri. Abbiamo perso 50mila persone al giorno oltre i turisti”, dice.
“Lo smart working? Mi rifiuto di chiamarlo cosi’- risponde- Questo e’ emergency working e come tutte le emergenze doveva essere limitato nel tempo. E invece sta andando avanti, ma nessuno era preparato. Gli unici prodotti che si vedono sono quelli del beachwear, perche’ stanno tutti al mare a fare smart working. Da mesi”. (Nicoletta Di Placido – www.dire.it)