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Il carretto siciliano nella storia

Roma – Il carretto siciliano, nato come mezzo di trasporto delle merci e delle persone, è certamente l’oggetto più conosciuto e caratteristico dell’arte popolare siciliana.

In questi gioiosi e folkloristici “capolavori” predominano il giallo, il rosso, il verde, vi sono i colori della passione, del sole siciliano, dello zolfo, delle arance e dei limoni, del cielo e del mare, della lava che sgorga dall’Etna e della focosità dei siciliani.

Inizialmente la scelta dei disegni ricadde su temi sacri, a guisa di protezione per il carro.

Col passare del tempo, il repertorio si era arricchito di nuovi temi per l’influenza dei cantastorie, che andavano in giro per la Sicilia narrando di cavalieri e di amori.

I santi furono soppiantati (senza mai scomparire del tutto dal carretto) dalle storie dei paladini e soprattutto dalle scene di “Cavalleria Rusticana”, la novella che Giovanni Verga aveva dedicato proprio alla nobile figura del carrettiere.

Personaggio rappresentativo di quest’antica arte è il sig. Di Mauro (Minicu u pitturi) che fu invitato a rappresentare la Sicilia al padiglione “Tourisme et Travail”, nel 1982, e la sua creazione fu esposta nel più prestigioso museo etnologico del mondo: il “Musée de l’homme” di Parigi (dove tutt’ora si trova). Un piccolo carro con sopra effigiate le vicende del Presidente americano John F. Kennedy, fu spedito alla Casa Bianca.

La storia del carretto siciliano risale ai primi dell’ottocento, infatti, fino al ‘700, lo scarso sviluppo delle strade nell’isola aveva limitato i trasporti al dorso degli animali. Solo nei primi dell’800 si ha testimonianza dei carretti realizzati con ruote molto alte, per poter superare gli ostacoli offerti dalle “trazzere”, strade fatte da grossi sentieri a fondo naturale, con salite ripidissime e curve a gomito, soggette a frane e piene di fossi.

La prima descrizione del carretto siciliano risale al 1833, nel resoconto del viaggio fatto in Sicilia dal letterato francese Jean Baptiste Gonzalve de Nervo (1840-1897) che rimase in Sicilia un mese per raccogliere materiale per il suo libro di viaggio. Egli è il primo viaggiatore che racconti di aver visto sulle strade siciliane dei carretti, le cui fiancate recavano l’immagine della Vergine o di qualche santo, derivata dalla pittura su vetro, molto popolare a quei tempi in Sicilia. Così dice: ” Specie di piccoli carri, montati su un asse di legno molto alto; sono quasi tutti dipinti in blu, con l’immagine della Vergine o di qualche santo sui pannelli delle fiancate e il loro cavallo coperto da una bardatura, ornata di placche di cuoio e di chiodi dorati”, porta sulla testa un pennacchio di colore giallo e rosso”. I colori giallo e rosso sono i colori della Sicilia.

Un’altra descrizione è quella del geografo francese Eliseo Reclus, venuto in Sicilia nel 1865 per osservare l’eruzione dell’Etna: “A Catania, i carretti e le carrettelle non sono come in Francia, semplici tavole messe insieme, ma sono anche lavori d’arte. La cassa del veicolo posa sopra un’asse di ferro lavorato, che si curva e si ritorce in graziosi arabeschi. Ciascuna delle pareti esterne del carretto è divisa in due scompartimenti che formano due quadri. Il giallo oro, il rosso vivo ed altri colori dominano in questi quadri. Per la maggior parte sono scene religiose, ora la storia di Gesù o quella di sua madre, ora quelle dei Patroni più venerati in Sicilia, come San Giovanni Battista, Santa Rosalia o Sant’Agata…..”.

Quando Guy de Maupassant, scrittore francese, nella Primavera del 1885, sbarcò a Palermo, la prima cosa che lo colpì fu proprio un carretto siciliano e lo definisce ” un rebus che cammina ” per il valore degli elementi decorativi. ” Tali carretti, piccole scatole quadrate, appollaiate molto in alto su ruote gialle, sono decorati con pitture semplici e curiose, che rappresentano fatti storici, avventure di ogni tipo, incontri di sovrani, ma prevalentemente le battaglie di Napoleone I e delle crociate; perfino i raggi delle ruote sono lavorati. Il cavallo che li trascina porta un pennacchio sulla testa e un altro a metà della schiena….Quei veicoli dipinti, buffi e diversi tra loro, percorrono le strade, attirano l’occhio e la mente come dei rebus che viene sempre la voglia di risolvere”. Molti critici isolani hanno descritto il carretto siciliano, da G. Pitrè a G. Cocchiara, da Enzo Maganuco ad A. Buttitta.

TIPOLOGIE

Con il passare degli anni, il carretto, ha assunto un valore emblematico folkloristico che è quello diffuso dalle pubblicazioni turistiche, sopravvivenze di un mondo scomparso, diffondenti informazioni superficiali.

 

Tre sono le tipologie dei carretti (in base al trasporto effettuato) “U Tiralloru” con laterali bassi e rettangolari, era utilizzato per trasportare la terra; “U Furmintaru” con laterali rettangolari più grandi era utilizzato per trasportare frumento; “U Vinaloru” con le fiancate trapezoidali e le tavole inclinate, utilizzato per trasportare il vino.

Moltissimi gli elementi che differenziano il carro per aree di provenienza, soprattutto la ruota la cui costruzione richiede esperienza particolare, competenza e collaborazione; il sapere che viene gelosamente custodito e tramandato da padre in figlio.

Temi raffigurati: 1) Devoto – biblico – agiografico, 2) Storico – cavalleresco 3) Leggendario – fiabesco, 4) Musicale (liriche), 5) Realistico – venatorio – veristico.

Variazioni di stili e cromatiche nelle diverse parti dell’isola, sottolineano ad esempio, la presenza dei gialli e rossi con decorazioni fitomorfe, nella Sicilia occidentale. I prugna e gli azzurri con decorazioni antropomorfe nella Sicilia orientale.

 

La pittura del carro si afferma perché assolve diverse funzioni: protettiva del legno, magico- religiosa antropica di allontanamento del male e del negativo, pubblicitaria per i carri che hanno funzione commerciale, per attirare gli acquirenti e di status symbol per dimostrare la ricchezza del proprietario. (fonte: Museo siciliano del viaggio)

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