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L’altra faccia della guerra

EDITORIALE – Improvvisamente siamo passati dal vedere la morte per covid, a quella della guerra. Strano il covid, inspiegabile per molti, troppi aspetti, strana anche questa guerra che sembra farci vedere immagini che pensavamo essere relegate al passato ormai remoto.

La vita ci sta attualizzando verso una serie di disastri pericolosi, che però non provengono dalla violenza della natura come nel caso dei terremoti, cataclismi legati alle condizioni meteo, che parimenti provocano distruzione, morte, dolore. Il covid e la guerra sono per mano dell’uomo.

E mentre contro la natura poco possiamo fare se non prevenire, e quindi nel caso dei terremoti di cercare di costruire con scienza e coscienza, per il covid la società italiana si è assuefatta.

L’allarmismo tanto caro alla politica somministrato per due lunghi anni si è consumato per consunzione. A mantenere alto lo stato di prostrazione popolare che staticizza prestigiose e redditizie poltrone, ci ha pensato Putin. In Italia finisce una emergenza (beninteso che il covid non è finito), e ne arriva un’altra di proporzioni ben diverse.

I toni dei nostri non sono peraltro concilianti, anzi, sia il premier che probabilmente ce l’ha con la politica perchè non lo ha messo nelle condizioni di andare al Quirinale per salvare le proprie terga, e dopo la rielezione di Mattarella ha cambiato atteggiamento. Il premier determinato e sornione ha lasciato subito spazio ad una figura visibilmente stizzita e che non può far nulla per averla dovuta subire, politicamente parlando.

La guerra, qualunque e dovunque sia non trova ragione alcuna in un mondo dove la pace dovrebbe essere la conquista dei popoli memori delle disfatte storiche di ogni tempo. Ma va fatta però una analisi rispetto alla guerra lampo in cui ci hanno catapultato a livello mediatico.

Ormai il covid trova spazi si e no alla tredicesima pagina dei quotidiani cartacei, è ridotto ad un trafiletto. E da Speranza passa protagonista Di Maio, che mai si sarebbe immaginato già di per sè di diventare ministro figuriamoci poi nel dover rappresentare delicati equilibri italiani in rapporto con l’Europa, la Nato e gli stati che oggi sono in guerra.

Noi non siamo in guerra, sia chiaro. Sono in guerra la Russia e l’Ucraina. E stiamo con il cuore stretto e la fronte corrucciata nel vedere frotte di gente dover lasciare tutto, famiglie separarsi  e tutto l’orrore che un conflitto bellico porta con sè. Nel contempo solidarizziamo verso questo popolo, come è giusto che sia, poichè fortemente provato dagli accadimenti.

Ma l’altra faccia di questa guerra quale è? Siamo certi che il fighetto presidente ucraino abbia fatto di tutto per evitare lo sterminio del suo popolo? Bisogna essere coscienti delle proprie forze e delle proprie risorse. E’ chiaro che costui ben sapeva da tempo che alzando troppo il tiro verso il vicino poteva incappare in qualche reazione smisurata. Un atteggiamento forse poco costruttivo e basato su flirt con la nuova america privata di un leader pacifista ed autorevole. Ora tutti sono celoduristi. Devono dimostrare al mondo che hanno le palle, Di Maio compreso.

La violenza, la guerra vanno condannate, ma la politica italiana da una parte condanna la guerra e  poi la fomenta fornendo armi di difesa all’Ucraina che tenta di resistere, non si sa fino a quando ad una potenza tale che mai potrà pensare di eliminare dai propri territori.

Non si doveva arrivare a questo punto. Ma prima di questa guerra, ossia quando ci si somministravano gli elenchi funebri dei morti quotidiani di con e per covid, cosa è accaduto? E negli anni che hanno preceduto il conflitto in atto sappiamo qualcosa? Probabilmente no, e quindi siccome il sistema ha capito che il popolo crede a tutto ciò che gli viene propinato a ora di pranzo e ora di cena, alza i toni.

Chiaro è che l’Italia debba muoversi in linea con gli alleati, ma anche in questo contesto deve tener conto delle proprie debolezze. Ma tanto, qualsiasi cosa accada, per la nostra politica, almeno fino al 2023 l’arca dell’Alleanza è riservata a colorsignori e per gli altri si vedrà.

Ma veniamo  agli antefatti. Le premesse in narrativa del conflitto bellico in atto ci porta nel 2014, quando in Ucraina avvenne una sorta di colpo di stato con l’appoggio degli States, e a quell’epoca l’attuale Biden era vicepresidente. Il presidente in carica poichè filorusso venne destituito ed il governo fu assicurato da un nuovo establishment targato America. Da quel momento in poi è iniziata seppur con estrema gradualità, una sorta di posizioni legistlative contrarie al vicino stato russo. Da allora la stessa Ucraina ha vissuto profonde divisioni sociali, tra i filoeuropeisti ed i filorussi.

Poi la Russia ebbe a riprendesi la Crimea per via di un pacifico referendum. Da li nel tanto declamato Dombas si parla di 14000 morti in sette anni. Ad Odessa nel 2014 avvenne anche una strage di cui è stata data poca visibilità. Ed anche gli ucraini in questo frattempo non ci sono andati troppo per il sottile.

Lo stesso Putin ha parlato molto spesso di questi fatti, ma senza però che nessuno abbia mai approfondito bene, forse volutamente. Con l’arrivo di Trump, l’Ucraina venne di fatto isolata ed abbandonata al proprio destino. In ogni caso si registrarono durante il governo Donald, accordi che ebbero a prevedere il riconoscimento di due repubbliche da parte dell’Ucraina come regioni a statuto speciale.

Poi l’America cambia, sceglie Biden, apparentemente signore e garbato. Che sin da subito ebbe a chiarire che i conti con il suo collega russo, rispetto alle epoche in cui ebbero a che fare, non erano affatto risolti, ma in tutti questi anni solo sospesi. Molti sono gli interessi imprenditoriali che sono legati a questo conflitto, e lo stesso Biden ha chiesto l’ingresso dell’Ucraina in Nato, ovviamente una cosa inaccettabile per il governo russo che si sarebbe ritrovato ordigni puntati a distanza ravvicinata e con pericoli anche per la Cina stessa.

Nei mesi scorsi, l’America non ha fatto altro che istigare l’ex comico Zelensky nel compiere irruzioni verso il Donbas con lo scopo di riprendersi quei territori. Questi dunque si è spinto sempre di più, forse con la certezza, seppure non nella carta di un appoggio incondizionato americano e quindi della Nato. Al presidente ucraino probabilmente poco interessano i corridoi umanitari che accolgono ora i profughi della sua nazione, coloro che in forza non si sa di cosa vengono sacrificati, forse per sempre, segnati indelebilmente da una guerra evitabilissima

La Russia, stando ad interpretazioni ottenibili facimente da ricerche stampa,  si è seduta al tavolo con tutti i presidenti e con tutti i ministri degli esteri ma senza risultati. . La Russia avrebbe quindi posta la soluzione di demilitarizzare l’Ucraina per farla diventare una sorta di stato cuscinetto, tipo la Svizzera, di transito di gas e di merci, ma privo di armamenti.  

Soluzione alla quale Zelensky ha risposto negativamente. Va anche tenuto conto che in questi ultimi anni in Ucraina sono stati costruiti molti laboratori di produzione chimica lungo la parte di confine con la Russia.

Per capire la reazione di Putin va osservata questa parte che precede le azioni belliche, e che beninteso non vanno certo giustificate, ma almeno dobbiamo capire cosa accade e perchè. Probabilmente non ci troviamo di fronte a buoni e cattivi, come ci vogliono far credere. Ma ad un sistema complesso e diverso dove l’uomo tende ad ergersi a vice del Padre eterno in forza di risorse detenute dagli stati stessi.

Infine va anche tenuto conto di testimonianze che arrivano da giornalisti russi, che invece raccontano una verità diversa sulle modalità di attuazione della guerra da parte della Russia. Lo stesso Zelensky, mentre viene attaccato (e non a sorpresa), che cosa fa chiede formalmente l’ingresso all’Europa? Ben sapendo di mettere in questo modo tutti gli stati aderenti a rischio?

Si cerca di fronteggiare in Italia con i paliativi delle sanzioni, si ostentano ora azioni di “sequestro” e di “congelamento” dei beni marittimi degli oligarchi russi, quegli stessi in cui molti sono saliti a fare baldoria più volte e dei quali il popolino delle case Ater non è nemmeno a conoscenza. Ora si portano come trofeo queste sanzioni.

Attenzione però, la posta in gioco è molto alta, ma tanto in qualsiasi caso, a pagare è sempre il popolo, per il sistema il corridoio proteggiterga è sempre attivo. L’Italia alza la voce, come la signora del piano terra che si rivolge a quella del terzo piano minacciandole di scrollarle le molliche della tovaglia sul suo balcone.

Non si sta giocando una partita a scacchi, questa è realtà.

Ai posteri le ardue sentenze.

 

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