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Onde elettromagnetiche: Il 5G è dannoso alla salute? ecco tutti gli studi

EDITORIALE – Da qualche anno a questa parte sentiamo parlare delle nuove installazioni, antenne, telefonie mobili e radar che utilizzano frequenze 5G, un mormorio allarmistico e preoccupante si è sollevato a livello globale. Tra teorie complottistiche e sani dubbi gli scienziati nel mondo hanno intrapreso studi statistici e biofisici sulla possibile dannosità delle diverse frequenze elettromagnetiche a radiofrequenze, in particolare emesse in bande (694-790 MHz, 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz) diverse da quelle utilizzate attualmente per la telefonia mobile (da 800 MHz a 2,6 GHz); in sostanza stiamo parlando di lunghezza d’onda, periodo d’oscillazione e distanza d’azione.

Ciò che preoccupa gli studiosi del campo è il raggio d’azione a lungo e breve termine all’esposizione di queste frequenze, a spiegarlo è Alessandro Polichetti  l’esperto più autorevole dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sugli effetti dei campi elettromagnetici sulla salute, nel suo articolo “Emissioni elettromagnetiche del 5G e rischi per la salute”(Centro Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni e Fisica Computazionale, Istituto Superiore di Sanità, Roma).

EFFETTI ALL’ESPOSIZIONE A BREVE TERMINE 

“L’energia trasportata da un’onda elettromagnetica incidente sul corpo umano viene in parte riflessa, in parte assorbita ed in parte trasmessa dal corpo stesso. Con il successivo assorbimento da parte dei tessuti del corpo umano e il conseguente aumento della temperatura corporea, generalizzata o localizzata a seconda delle modalità di esposizione.  L’organismo può tollerare aumenti di temperatura inferiori a 1°C, soglia al di sotto della quale non si verificano pertanto effetti di danno per la salute.

EFFETTI ALL’ESPOSIZIONE A LUNGO TERMINE

La possibilità di rischi per la salute a lungo termine, connessi alle esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza a livelli inferiori a quelli raccomandati dagli standard internazionali di protezione, è stata e continua ad essere oggetto di numerosissimi studi scientifici, sia di tipo osservazionale direttamente sugli esseri umani (studi epidemiologici), sia di tipo sperimentale su animali in vivo e su cellule in vitro.

Secondo la IARC, il complesso degli studi esaminati non supporta l’ipotesi di cancerogenicità dei
campi elettromagnetici, con l’eccezione di alcuni studi epidemiologici di tipo caso-controllo che hanno evidenziato, a differenza di altri analoghi studi, un aumento del rischio di glioma (un tumore maligno del cervello) e di neurinoma del nervo acustico (un tumore benigno) in relazione all’uso intenso di telefoni cellulari.

IARC ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza solo come “possibilmente cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 2B) e non come “probabilmente cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 2A), né come “cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 1, in cui sono compresi ad esempio la radiazione solare e il radon presente nelle abitazioni).

Due recenti studi sperimentali su ratti e topi da laboratorio condotti dal “National Toxicology
Program (NTP) “negli USA e “dall’Istituto Ramazzini” in Italia, forniscono invece qualche
evidenza a supporto dell’ipotesi di cancerogenicità dei campi elettromagnetici a radiofrequenza, pur se con alcune limitazioni e difficoltà interpretative.

Entrambi gli studi evidenziano un incremento di un particolare tipo di neoplasia (schwannoma cardiaco) tra gli animali esposti rispetto ai non esposti, mentre non viene evidenziato alcun eccesso per quanto riguarda i numerosi altri tipi di tumore esaminati. 

Il 5G, come le attuali tecnologie di telefonia mobile di seconda, terza e quarta generazione (2G, 3G e 4G), non richiede segnali elettromagnetici di intensità tale da indurre aumenti significativi della temperatura corporea dei soggetti esposti, per cui non è prevedibile alcun problema per quanto riguarda gli effetti noti dei campi elettromagnetici. Questo è vero anche in considerazione sia della natura particolarmente restrittiva della normativa italiana, sia dei margini di cautela impliciti negli standard internazionali per la protezione dagli effetti termici nell’ipotesi che il quadro normativo italiano venga allineato ad essi per evitare che già esistenti problemi di installazione degli impianti di telecomunicazione mobile possano essere accentuati con l’avvento del 5G.

In conclusione, i dati disponibili non fanno ipotizzare particolari problemi per la salute della
popolazione connessi all’introduzione del 5G. Tuttavia è importante che l’introduzione di questa
tecnologia sia affiancata da un attento monitoraggio dei livelli di esposizione (come del resto avviene già attualmente per le attuali tecnologie di telefonia mobile) e che proseguano le ricerche sui possibili effetti a lungo termine”.

Uno studio sommatorio viene anche dal MIMIT(Ministero delle Imprese e del Made in Italy)

“Studi sull’impatto del 5G sulla salute umana: meta-analisi e individuazione delle lacune conoscitive”

“A livello europeo nel corso del 2020/2021 sono state svolte meta-analisi con lo scopo dieffettuare valutazioni sullo stato attuale delle conoscenze ed analisi statistiche avanzate aventi l’obiettivo di individuare una eventuale relazione tra esposizione ai CEM a RF ed insorgenza di patologie. In questa sede si presentano le metodologie ed i risultati dei lavori condotti dal Servizio di Ricerca del Parlamento Europeo (EPRS, European Parliamentary Research Service) e dal Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europe.

Il “JRC (Joint Research Centre)” nel periodo 2020-2021 ha svolto analisi statistiche sui dati
relativi alle esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza per esplorare le relazioni
esistenti tra la crescita delle reti mobili e l’incidenza di alcune patologie come, ad esempio, i  tumori al cervello ed al sistema nervoso centrale.

Per valutare l’impatto dell’uso del telefono cellulare sull’incidenza annuale dei tumori
cerebrali è stato utilizzato il metodo dell’impatto causale combinato con modelli di serie
temporali strutturali bayesiani, con ricorso alle variabili predittive (nel caso specifico crescita della popolazione, tasso di urbanizzazione, crescita pro capite, rischio cumulativo di incidenza di tumori) che in qualche modo possono essere legate al numero annuo di patologie specifiche registrate.

Se l’utilizzo del telefono cellulare fosse associato ad un aumento del rischio di tumori, il punto chiave sull’asse temporale è l’anno in cui si presume che questi avrebbero iniziato a manifestarsi.

Secondo gli autori, questo punto chiave è fissato nell’anno 1997 per l’Austria ed al 1995 per la Danimarca.

L’impatto dell’uso del telefono cellulare è quindi stimato confrontando le serie storiche controfattuali con il numero annuo di nuovi casi registrati nel periodo dall’intervento all’anno di interesse, secondo i dati disponibili.

Le analisi statistiche sono state effettuate ricorrendo all’utilizzo di pacchetti specifici e del programma di elaborazione “R”.

I modelli utilizzati si basano su trend e regressioni considerando latenze di 5, 10 e 15 anni che si adattano alle caratteristiche di sviluppo delle neoplasie oggetto di indagine.

  • Sintesi delle evidenze:
    Nella maggior parte degli studi i livelli di esposizione riportati sono significativamente
    inferiori ai livelli di riferimento indicati all’interno delle Linee guida ICNIRP.
     Lo studio della dosimetria indica che il contributo più significativo all’esposizione
    complessiva degli esseri umani è quello dovuto al downlink dalle stazioni radio base per
    telefonia mobile e che l’esposizione risulta essere proporzionale alla densità degli utenti
    mobili ed al traffico presente in rete.
  •  Alcuni studi hanno dimostrato che le stazioni radio base per telefonia mobile poste sui
    tetti potrebbero generare livelli di campo elettrico molto elevati in alcune posizioni vicine.
  •  La maggior parte degli studi incentrati sull’impatto dell’esposizione sulla salute non hanno
    riportato effetti significativi.
  •  Alcuni studi di laboratorio su animali e colture cellulari hanno riscontrato attività
    metaboliche non standard in colture in vitro o effetti avversi su topi e ratti sottoposti ad
    esposizioni prolungate a campi a radiofrequenza a 1800 MHz.
  • Le indagini scientifiche a livello statistico suggeriscono che tutti gli stimoli potenzialmente
    tossici (es.: inquinamento) ed il loro impatto cumulativo dovrebbero essere presi in
    considerazione.
  •  La maggior parte degli studi esaminati non ha riportato una correlazione significativa tra
    utilizzo del telefono cellulare e l’insorgenza di tumori, ad eccezione di alcuni studi (anche
    se non conclusivi) che riportano l’esistenza di un modello di correlazione coerente tra l’utilizzo del telefono cellulare e il rischio di glioma e neurinoma acustico.
  • Molti studi epidemiologici hanno segnalato il problema della mancanza di disponibilità di
    dati medici sufficienti a coprire un arco temporale di ampiezza pari alla latenza di certe
    tipologie di tumore (che può arrivare fino a 40 anni).
  •  L’analisi statistica portata avanti da JRC nel complesso non ha rilevato prove di un
    aumento dell’incidenza di tumori cerebrali o del sistema nervoso centrale negli anni che
    hanno seguito l’evoluzione delle reti cellulari nelle regioni oggetto di studio.

è possibile affermare che la maggior parte degli studi non ha evidenziato effetti significativi, alcune indagini su animali ed in vitro hanno riscontrato attività metaboliche non standard sulle colture ed un set di effetti avversi su topi e ratti sui quali occorrerà indagare tenendo sempre presente che quanto riscontrato sugli animali da laboratorio non può essere automaticamente riportato all’uomo a causa delle diverse dimensioni degli organismi e dei diversi processi biologici in gioco.

Per quanto riguarda invece l’uomo, le indagini si sono focalizzate principalmente sull’eventuale induzione o promozione di tumori. Le analisi portate avanti, per lo più studi epidemiologici, hanno evidenziato una limitata prova di cancerogenicità per le esposizioni ai campi a radiofrequenza che caratterizzavano le tecnologie legacy (900 MHz, 1800 MHz, 2100 MHz), per le bande di frequenza recentemente assegnate al 5G (3,5 GHz e26 GHz) non ci sono studi specifici, e mancano completamente analisi che possono confermare che quanto riscontrato per le tecnologie 2G/3G/4G possa essere applicato alla tecnologia 5G, che presenta segnali con comportamenti specifici differenti dalle precedenti(MIMO, beamforming).

Il previsto impiego futuro di frequenze ad onde millimetriche negli scenari 5G comporta ulteriori preoccupazioni, in quanto l’effetto non termico dei segnali ad alta ed altissima frequenza non è stato indagato.
L’analisi effettuata conferma che la valutazione dei potenziali rischi per la salute derivanti dall’esposizione ai campi a radiofrequenza include una serie di incertezze, alcune intrinseche degli studi epidemiologici, altre legate alla variazione dello scenario dal punto di vista tecnologico ed espositivo ed altre di natura metodologica.
Le lacune metodologiche devono essere colmate per arrivare ad avere protocolli condivisi
che permettano di confrontare i risultati dei vari laboratori a livello mondiale”.

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