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Imposta di registro, gli impianti fotovoltaici considerati immobili se di grandi dimensioni

Roma – Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, gli impianti fotovoltaici di grandi dimensioni devono essere considerati come beni immobili anche qualora siano astrattamente rimovibili e installabili in altro luogo. Questo principio è stato affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 6840 del 14 marzo 2024.

La vicenda esaminata dalla Corte suprema ha riguardato un atto notarile relativo a una cessione di azienda avente come oggetto lo svolgimento di attività finalizzata alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.Nel complesso di beni ceduti all’acquirente erano, tra l’altro, espressamente compresi un appezzamento di terreno “con sovrastante impianto fotovoltaico…” e sei locali adibiti a cabina Enel.

Riguardo all’applicazione dell’imposta di registro le parti, in atto, hanno indicato corrispettivi distinti per le varie componenti aziendali (terreno, impianto fotovoltaico, avviamento, crediti, risconti attivi).

In sede di registrazione il notaio ha applicato le imposte tenendo conto delle passività trasferite all’acquirente, distinguendo tra:

  • beni mobili, per i quali è stata applicata l’imposta di registro con l’aliquota del 3% (articolo 2 tariffa parte prima allegata al Dpr n. 131/1986)
  • crediti, per i quali è stata applicata l’imposta di registro con l’aliquota dello 0,5% (articolo 6 della tariffa sopra indicata)
  • appezzamento di terreno, in relazione al quale è stata applicata l’imposta di registro con l’aliquota del 7% (articolo 1 della tariffa sopra indicata, nella versione in vigore all’epoca dei fatti) oltre alle imposte ipotecaria e catastale con le rispettive aliquote del 2% e dell’1%.

Nell’applicare le imposte, il notaio ha qualificato l’impianto fotovoltaico come bene mobile, con conseguente applicazione, dell’aliquota del 3% sopra indicata.

A seguito del controllo dell’atto, l’ufficio territoriale ha emesso due distinti provvedimenti:

  • un avviso di liquidazione mediante il quale sono state recuperate le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale in considerazione del fatto che l’impianto fotovoltaico, compreso nell’azienda ceduta, doveva essere qualificato come bene immobile e, di conseguenza, doveva applicarsi l’imposizione tipica dei beni immobili, maggiormente onerosa rispetto a quella prevista per i beni mobili
  • un avviso di rettifica e liquidazione mediante il quale, in sede di controllo sostanziale, è stato attribuito all’azienda oggetto di cessione un valore di mercato superiore al prezzo dichiarato in atto dalle parti.

La Ctp di Varese, previa riunione dei due ricorsi, ha accolto la tesi delle parti (sentenza n. 160 del 9 marzo 2016), ritenendo che, nei casi in cui l’impianto fotovoltaico possa essere facilmente separato dal suolo sul quale è collocato, deve essere considerato come bene mobile e, quindi, tassato con l’aliquota del 3 per cento.

La Ctr della Lombardia (sentenza n. 422 del 30 gennaio 2018) ha, invece, accolto integralmente i rilievi dell’Agenzia delle entrate per quanto riguarda la qualificazione dell’impianto fotovoltaico quale bene immobile, e parzialmente i rilievi dell’Agenzia in tema di rettifica del valore dell’azienda.

Le parti hanno presentato ricorso in cassazione, sostenendo la natura mobiliare dell’impianto fotovoltaico compreso nell’azienda oggetto di cessione.

Nella motivazione della sentenza in commento i giudici hanno sottolineato la circostanza che l’Amministrazione, già nell’atto impositivo aveva ben descritto le caratteristiche dell’impianto fotovoltaico in base alle quali allo stesso doveva attribuirsi la qualifica di bene immobile.

In particolare, i giudici di legittimità hanno evidenziato, che si trattava di un impianto costituito da 4.544 moduli, installati su due lotti di terreni adiacenti estesi 18.500 mq e 20.000 mq. L’impianto era, quindi, di grandi dimensioni, “….imbullonato al suolo ed ancorato in una struttura di sostegno, sì da costituire parte integrante del terreno cui accedeva…”.

Nella motivazione della sentenza i giudici hanno richiamato anche:

  • numerosi documenti di prassi emessi dall’Amministrazione finanziaria in tema di impianti fotovoltaici (circolare Agenzia del territorio n. 3/2008, circolari Agenzia delle entrate n. 46/2007, n. 38/2008, n. 38/2010)
  • la sentenza n. 16824/2006 della stessa Corte in tema di centrali elettriche
  • alcune norme che contengono, soprattutto sotto il profilo catastale, la definizione di “beni immobili” e di “unità immobiliari” (articoli 4 e 5, Rd n. 652/1939, articolo 2 Dm n. 28/1998
  • la sentenza n. 162/2008 della Corte costituzionale in tema di definizione di “unità immobiliare”;
  • il primo comma dell’articolo 812 del codice civile, in base al quale “Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo”.

Sulla base dei documenti di prassi, delle sentenze e delle norme sopra riportate i giudici hanno affermato che “…appare corretto classificare le centrali fotovoltaiche di grandi dimensioni (quale quella in esame) nella categoria dei beni immobili in quanto l’eventuale precarietà dell’elemento materiale dell’ancoraggio al suolo è compensata da considerazioni attinenti al profilo strettamente funzionale”.

Nel confermare la legittimità dell’operato dell’Amministrazione finanziaria, i giudici hanno, quindi, espresso il seguente principio di diritto: “…gli impianti fotovoltaici di grande potenza (parchi fotovoltaici) realizzati allo scopo di produrre energia da immettere nella rete elettrica nazionale per la vendita vanno considerati a tutti gli effetti, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, quali beni immobili in quanto la connessione strutturale e funzionale tra terreno e gli impianti è tale da poterli ritenere sostanzialmente inscindibili, a nulla rilevando che astrattamente sono rimovibili ed installabili in altro luogo.

È stato, quindi, respinto il ricorso presentato dalle società, con condanna delle spese in favore dell’Amministrazione finanziaria.

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