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Immobili non trascritti in nota, l’atto non è opponibile ai terzi

La trascrizione è l’unico documento in grado di individuare, in maniera certa e inequivoca, gli elementi essenziali di titolo, soggetti e cespiti contenuti in ciò che si intende rendere pubblico

Roma – Per stabilire se e in quali limiti un determinato atto relativo a beni immobili sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e incertezze, gli estremi essenziali del negozio e i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo che, insieme con la menzionata nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari È errata la conclusione del giudice di merito, che ha qualificato come autosufficiente una nota di trascrizione relativa a una domanda di impugnazione di testamento per lesione di legittima, ritenendola riferita all’intero patrimonio immobiliare compreso nell’asse ereditario relitto dal de cuius, pur in difetto di alcun elemento idoneo a individuarne con certezza i cespiti inclusi. È in sintesi la conclusione dell’ordinanza n. 11213 del 26 aprile 2024 della Cassazione.

Il quadro normativo di riferimento
Il codice civile disciplina accuratamente l’istituto della trascrizione, in coerenza con la funzione che lo stesso deve svolgere, cioè di garantire la sicurezza dei traffici immobiliari.

L’articolo 2659 cc, dopo aver prescritto che “chi domanda la trascrizione di un atto tra vivi deve presentare al conservatore dei registri immobiliari, insieme con la copia del titolo, una nota in doppio

originale”, elenca le informazioni che la nota deve contenere e in particolare prescrive che devono essere (tra l’altro) indicati gli elementi identificativi del titolo, dei soggetti che sono parti dell’atto e degli immobili oggetto dello stesso.

L’articolo 2674 cc impone al conservatore di rifiutare la richiesta di trascrizione se la nota non contiene le informazioni prescritte dall’articolo 2659.

Infine, l’articolo 2665 cc – rubricato “Omissioni o inesattezze nelle note” – prevede che “l’omissione o l’inesattezza di alcuna delle indicazioni richieste nelle note menzionate negli articoli 2659 e 2660 non nuoce alla validità della trascrizione, eccetto che induca incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico a cui si riferisce l’atto o, rispettivamente, la sentenza o la domanda.”.

Dalla disciplina, così sintetizzata, emerge con chiarezza che nel disegno del legislatore l’ispezione della sola nota di trascrizione deve essere sufficiente per avere contezza degli elementi essenziali dell’atto reso pubblico e, quindi. ha sanzionato con l’invalidità la trascrizione che non consente di acquisire certezza rispetto a tali elementi.

In questo quadro normativo va inquadrata la vicenda e la decisione della suprema Corte.

La vicenda
Una domanda giudiziale di impugnazione di testamento, per lesione di legittima, veniva trascritta. Nella nota di trascrizione non venivano indicati gli immobili oggetto della domanda, ma solo gli elementi identificativi del testamento impugnato, sull’assunto della non necessità di una tale informazione, in quanto oggetto della domanda erano tutti gli immobili facenti parte dell’asse ereditario.

Nonostante la trascrizione della domanda giudiziale, la parte citata in giudizio alienava alcuni degli immobili facenti parte dell’asse ereditario conteso.

L’attrice instaurava, quindi, un altro giudizio nel quale chiedeva la dichiarazione di inefficacia, nei suoi confronti, dell’atto di vendita posto in essere dalla convenuta successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale.

Nella contumacia della convenuta, il Tribunale accoglieva la domanda dell’attrice e dichiarava a lei inopponibile la vendita, in quanto trascritta dopo la trascrizione della domanda giudiziale, trascrizione quest’ultima che aveva a oggetto l’intero patrimonio relitto dal de cuius, costituente l’asse ereditario, con conseguente esclusione di qualsiasi profilo di incertezza sui beni oggetto della relativa nota.

La sentenza del giudice di primo grado veniva appellata, ma la Corte di appello rigettava il ricorso, confermando la decisione impugnata.

Veniva quindi proposto ricorso per cassazione.

La decisione
La suprema Corte non ha condiviso la ratio decidendi delle pronunce di merito, che come già detto avevano ritenuto non sussistere alcuna incertezza sui beni oggetto della trascrizione, in quanto, trattandosi di domanda di impugnazione di testamento per lesione di legittima, la stessa aveva per oggetto tutti gli immobili facenti parte dell’asse ereditario.

Per i giudici di legittimità tale statuizione collide con il consolidato insegnamento secondo il quale “per stabilire se e in quali limiti un determinato atto relativo a beni immobili sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci ed incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo che, insieme con la menzionata nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari” (cfr Cassazione pronunce nn. 4842/2019, 18892//2009, 3590/1993, 8066/1992, 10774/1991 e, in termini analoghi, 13137/2006).

Tale principio, precisato in motivazione, è stato affermato anche in relazione alla trascrizione della domanda giudiziale: “perché la trascrizione delle domande giudiziali possa produrre gli effetti previsti dall’art. 2652 cod. civ., è necessaria una precisa correlazione tra la domanda, così come riportata nella nota di trascrizione, e la sentenza che si vuole opporre ai terzi” (cfr Cassazione pronunce nn. 6851/2001 e 14710/2019).

In linea con tali pacifici precedenti la Corte ha ribadito che “per stabilire se ed in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, senza che a nulla rilevi l’effettivo contenuto dell’atto” (cfr Cassazione, ordinanza n. 4726/2019) e che, di conseguenza, “l’unica fonte alla quale attingere per verificare la sufficienza della nota di trascrizione ai fini dell’individuazione degli immobili sui quali essa incide è dunque la nota stessa, che deve consentire con certezza l’identificazione dei detti cespiti.”.

Per l’ipotesi in cui la nota presenti mere irregolarità, la Corte ha ricordato che vigono i seguenti principi a cui ha inteso dare continuità:

– “in tema di trascrizione, ai sensi dell’art. 2665 c.c. l’omessa indicazione dei dati catastali degli immobili – e a fortiori l’indicazione di dati catastali non corretti– determina l’invalidità della relativa nota di trascrizione solo se induca incertezza sui soggetti, sui beni o sul rapporto cui essa inerisce e sempre che non sia consentito individuare, senza possibilità di equivoci, gli elementi essenziali del contratto” (cfr Cassazione pronunce nn. 20543/2019 e 21758/2012)

– “in forza dell’art. 2665 c.c. non ogni omissione od inesattezza nella nota di trascrizione determina l’invalidità della trascrizione stessa, ma solo quelle che ingenerano incertezze sulle persone, sul bene e sulla natura giuridica dell’atto; e l’accertamento dell’esistenza dello stato di incertezza, soprattutto ove incentrato sulla ritenuta idoneità dell’univocità del riferimento ritraibile dal codice fiscale, costituisce giudizio di fatto insindacabile in Cassazione se immune da vizi logici e giuridici e sorretto da congrua motivazione” (cfr Cassazione, ordinanza n. 13543/2018).

Tali ultimi principi, che disciplinano un’ipotesi eccezionale, rappresentata dalla presenza di mere irregolarità nella nota di trascrizione, confermano il criterio generale, secondo cui la nota deve comunque essere autosufficiente e contenere tutti gli elementi atti a consentire l’esatta e non equivoca individuazione dei beni sui quali essa incide.

La richiamata giurisprudenza di legittimità ha portato inevitabilmente la Corte a ritenere che l’affermazione – in sé corretta sul piano civilistico – secondo la quale oggetto della domanda giudiziale trascritta erano tutti gli immobili facenti parte dell’asse ereditario non vale a superare il criterio della necessaria specificità e autosufficienza della nota di trascrizione.

Nel caso oggetto di decisone, la nota non conteneva alcun elemento idoneo a individuare con certezza i cespiti inclusi nell’asse ereditario, indicando solo gli estremi del testamento impugnato, atto che peraltro non deve necessariamente contenere i riferimenti catastali dei singoli cespiti che formano l’asse ereditario (cfr Cassazione pronunce nn. 1649/2017 e 1112/1980) e che comunque i terzi non hanno l’obbligo di consultare.

La decisione della Corte d’appello è stata, quindi, cassata non potendosi ritenere che nel caso di domande giudiziali, con le quali si impugna un testamento, l’omessa indicazione degli immobili non renda invalida la trascrizione, in quanto la domanda si riferisce a tutti gli immobili facenti parte dell’asse ereditario. Ciò perché, secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale, la trascrizione, per garantire la certezza della circolazione degli immobili deve necessariamente fornire informazioni precise e complete, immediatamente ricavabili dalle note, strumento attraverso il quale la pubblicità immobiliare trova concreta attuazione, senza che i terzi che consultano i registri immobiliari siano costretti a ricercare e consultare altri documenti.

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