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Decreto Agosto, la bozza di misure per le imprese e datori di lavoro

Roma – E’ entrato il mese di agosto e con esso  La bozza del c.d. decreto Agosto, il quale introduce una serie di misure ulteriori a tutela di imprese e datori di lavoro, anche alla luce della proroga dello stato di emergenza da Coronavirus disposta fino al 15 ottobre 2020. Il provvedimento contiene misure speciali dedicate ai settori maggiormente in difficoltà e soprattutto l’attesa proroga dei trattamenti di integrazione salariale già in vigore per la causale Covid-19. Le aziende che, nell’anno 2020, si sono trovate a dover sospendere o ridurre l’attività lavorativa a seguito di eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga sulla base delle misure introdotte dal decreto Cura Italia e dal decreto Rilancio. Entrambe le disposizioni normative sono state già convertite in legge nei termini e prevedono la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali speciali per un periodo massimo pari 18 settimane in tutto.

Il decreto Agosto ammette una ulteriore proroga di fruizione, in misura pari a 18 settimane, da fruire nel periodo ricompreso tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020. I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati che siano collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020 sono imputati alle prime nove settimane della disposizione in esame. La richiesta dei trattamenti va inviata per un primo periodo pari a 9 settimane. Le ulteriori 9 sono riconosciute esclusivamente ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di 9 settimane.

I datori di lavoro che presentano domanda per la nuova proroga dei periodi di integrazione salariale devono versare un contributo addizionale così determinato:

  • 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto un calo di fatturato tra il primo semestre 2020 e quello del 2019, inferiore al 20% per cento;
  • 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

Il contributo addizionale non è dovuto dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%. Il contributo addizionale, calcolato dall’INPS, deve essere versato dal datore di lavoro a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale. Le domande di accesso devono essere inoltrate all’INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza di cui al presente comma è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto-legge (presumibilmente il 30 settembre 2020). Per il calcolo del contributo addizionale, è necessario che il datore di lavoro presenti all’INPS, unitamente alla domanda di concessione, un’autocertificazione, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, della sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato. In caso di pagamento diretto della prestazione da parte dell’INPS, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

Viene altresì previsto che, in via eccezionale, al fine di fronteggiare l’emergenza da Covid-19, ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di integrazione salariale e abbiano già fruito, nei mesi di maggio e giugno 2020, dei trattamenti di integrazione salariale previsti dal decreto Cura Italia, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di 4 mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel citato periodo, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL. L’esonero Covid-19 non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente.

I datori di lavoro beneficiari dell’esonero sono tenuti a rispettare, fino al 31 dicembre 2020, il divieto di avviare le procedure di:

  • licenziamento collettivo;
  • licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo.

Nel medesimo periodo restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto. La violazione dei divieti di licenziamento comporta la revoca dall’esonero contributivo con efficacia retroattiva e l’impossibilità di presentare domanda di integrazione salariale. Naturalmente ribadisco che quanto sopra riportato è un commento proveniente da una bozza del decreto. Rispetto a questo testo non dovrebbero esserci rilevanti  modifiche, resta comunque da attendere il definitivo.

Fonte: Studio  Flexad  di Roma

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