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Z Nation la serie zombie e apocalittica tutta da scoprire

Quando gli Zombie oltre a far paura diventano anche divertenti e senza mai annoiarti

 

Guardando Z Nation non ci si annoia mai. La narrazione non è ciclica (come nelle prime stagioni di The Walking Dead) e non si ripete mai, bensì si basa sull’insopprimibile esigenza dell’umanità di sopravvivere, re-inventandosi, adattandosi e ricostituendosi in microsocietà fino a quando nn sarà possibile ricreare la civiltà. Per questo i protagonisti si imbattono man mano in nuclei sociali sempre più grandi e organizzati, diversissimi tra loro perché infinite sono le modalità in cui una specie resiliente è in grado di trasformarsi per non estinguersi. Z Nation non lesina sullo humour e la comicità, ma si avventura anche in tematiche serie. Ci sono momenti drammatici (e a soffrire di più sono sempre le figure apparentemente più spensierate) e c’è la volontà di creare una storia, un percorso compiuto e affascinante dell’umanità alle prese con l’estinzione.
Non i soliti personaggi. Da tenere d’occhio Murphy perché questo personaggio è una figura talmente unica e magnetica da accentrare tutta l’attenzione su di sé quando la narrazione lascia spazio al suo interprete, il carismatico Keith Allan. Tuttavia, il resto dei protagonisti non è da meno: Z Nation è una serie basata sulla storia più che su personaggi eppure molto è stato speso in termini di sviluppo dei protagonisti. Il tenente Warren, idealista, sexy, materna e piena di risorse; Doc, saggio psicoterapeuta amante delle droghe; 10k (Diecimila, soprannome di Tom), teenager ingenuo e dalla mira infallibile e Addy, guerriera tosta e di scarsa pazienza costituiscono un gruppetto eterogeneo e inedito, un raro caso televisivo dove il cast principale manca totalmente della presenza del maschio bianco adulto. La salvezza del mondo è affidata a una donna nera, un anziano, due ragazzini e un mezzo zombie. Non è abbastanza rivoluzionario?

Z Nation è una produzione di The Asylum, casa nota per le parodie a basso budget dei blockbuster. Questo ha alimentato i pregiudizi da parte del pubblico meno esigente e più a suo agio coi consolidati format delle produzioni mainstream verso una serie nella quale Paul Bales e gli altri fondatori dello Studio hanno investito molto, sia in termini di creatività che economici (è il progetto più costoso di The Asylum, valso a Syfy una collaborazione duratura con Netflix). La writer room capitanata dagli showrunner Karl Schaefer e Craig Engler è una fucina di idee, tanto che nel corso di 69 episodi lo show ha regalato al pubblico vere e proprie perle del genere horror, proponendo originali e sempre fantastiche specie di zombie declinati nei modi più assurdi (orsi zombie, baby zombie, re Magi zombie, zombie piante, e questo solo nei primi episodi) e soluzioni creative per ammazzarli (citeremo solo, per non rovinare la sorpresa, un’arma non convenzionale come una forma di formaggio gigante).

 

Ricordiamo, tra l’altro, che nella produzione della serie figurano anche alcuni nomi collegati alla Asylum, casa di distribuzione famosa per capolavori del cinema trash e mockbuster del calibro di Sharknado, Transmorphers e Mega Piranha.

La serie ha solo cinque stagioni disponibili su Netflix, peccato che Syfy non abbia rinnovato per la sesta. Davvero un peccato, però il finale è davvero sorprendente… Davvero merita!

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