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Recensione del romanzo “Il lenzuolo” di Paolo Dal Canto. Un libro irriverente che non teme di narrare la realtà

"La suora sente il lamento, leggero, si guarda intorno e nota il fagottino ai piedi dell'altare. Si avvicina piano, il lenzuolo ha uno strano odore".

Il lenzuolo (Mondo Nuovo, 2023) è il libro d’esordio di Paolo Dal Canto, autore poliedrico e anticonformista. Durante la sua lunga carriera come scrittore Paolo ha prodotto numerosi  testi teatrali e racconti, è tuttora regista per due compagnie di teatro. La sua anima creativa lo spinge a fantasticare, a mescolare pensieri fra loro contrastanti e apparentemente lontani: è così che si forma nella sua mente la trama de Il lenzuolo.

Siamo di fronte a un romanzo dai mille volti, impudente, provocatorio, ambiguo. Questo testo non è adatto a tutti ma piacerà senza dubbio a coloro che hanno il coraggio di scendere negli abissi dell’animo umano e comprendere fino a che punto ci si possa spingere per sopravvivere o per realizzare i propri desideri.

La storia ha inizio con un incipit che trafigge: racconta lo stupro da parte di un uomo dal volto mascherato su una donna, che viene annientata nel corpo e nella psiche senza pietà. La violenza viene consumata sul lenzuolo di una camera da letto, spazio che dovrebbe proteggere l’intimità ma diventa invece lo scenario di un abominio. Il lenzuolo verrà marchiato a fuoco dalle tracce di quella brutalità, e resterà il filo conduttore di tutto il racconto insieme al personaggio nato da quell’atto, il protagonista Raffaele.

La scelta tematica non casuale da parte dell’autore viene trasmessa con incisività  attraverso un linguaggio mirato, potente, irriverente, dissacrante, volto a suscitare sensazioni forti e disorientamento. Perché è così che ci si sente di fronte alle spietatezze che gli esseri umani sono in grado di commettere.

Il lenzuolo in questo libro non è solo un oggetto ma è qualcosa di più: è teatro di morte, metafora di impietosa crudeltà che testimonia gli atti implacabili consumati. Il sangue resta impregnato in quella “sindone” che non ha nulla di sacro ma le cui macchie formano la mappa delle atrocità umane. Un oggetto che diventa anche un rifugio dove vengono celati i desideri più reconditi, trasfigurati i bisogni carnali, consumate le speranze dei personaggi. Come l’autore ha affermato “il lenzuolo diventa una sorta di alter ego dei protagonisti, realizza i desideri più nascosti, anche quelli indicibili, crudeli”.

Lungo la narrazione, un personaggio spicca fra tutti, quello di Suor Angela. È con lei che l’autore riesce a dare il meglio di sé nel descrivere e trasmettere le contraddizioni che abitano l’animo umano e gli atti che ne conseguono. Angela è una suora ma prima di tutto è una donna, e nell’incontro con il piccolo Raffaele emerge la sua natura materna, umana, passionale, spietata. Lo scrittore con grande capacità narrativa porta ai limiti della pensabilità l’evoluzione di un istinto che nasce come innocente bisogno e si trasforma in un desiderio surreale.

Il messaggio del romanzo si gioca così anche sul passaggio fra diversi registri di stile: dal thriller al comico, dal surreale al reale, dal romantico all’erotico. Si assa da un genere all’altro con grande naturalezza e maestria narrativa: la capacità dell’autore nel maneggiare diverse realtà stilistiche comporta un repentino cambio dei punti di vista e un travagliato gioco di emozioni per chi legge. Il lettore vive un’altalena emotiva della quale però si rende conto di non voler scendere: la curiosità e la vertigine di affacciarsi sull’abisso diventa sempre più forte e preponderante.

Si resta indiscutibilmente scossi dalle immagini che lo scrittore narra e dalle descrizioni di scene ambigue che arrivano a toccare anche il senso morale. Ma è proprio questo che Paolo Dal Canto cerca di tirar fuori dai suoi spettatori, da chi tiene in mano il suo libro con crescente incredulità.

Tocco di classe narrativo è il profumo di lavanda che il lenzuolo continua a emanare lungo il corso della storia, nonostante i delitti efferati che raccoglie. Rappresenta quella traccia di “salvezza” che esprime anche l’idea personale dello scrittore: per Paolo Dal Canto ciò da cui i protagonisti si salvano è il gretto perbenismo del “vissero tutti felici e contenti”, la falsa morale; il profumo di lavanda esalta piuttosto la salvezza di ciò che resta della realtà, il “vissero tutti più umani e contenti”.

 

PAOLO DAL CANTO è Nato a Bergamo nel 1964 inizia a scrivere in prima elementare. Le sue prime opere sono i nomi di animali, di verdure e di frutta, ma passeranno un bel po’ di anni prima che questi suoi primi sforzi prendano le sembianze di qualcosa se pur lontanamente simile ad un’opera letteraria. Nel 1998 comincia a scrivere testi per la compagnia teatrale Operai del Cuore, della quale è regista, e ancora oggi per i Pensattori. Del 2020 la sua prima pubblicazione con la casa editrice Mondo Nuovo, una raccolta di racconti dal titolo L’uomo livella. A suo agio con la narrativa breve nel 2021 e 2022 escono con la stessa casa editrice altre due raccolte: Non dirmi che ti piace Baricco e Sputi, per la quale si avvale della collaborazione dell’illustratore toscano Federico Quiliconi.

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