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La relatività delle misurazioni e sistemi di riferimento nella fisica classica e quantistica

EDITORIALE – Le fondamenta del mondo, della realtà e delle sue leggi oggi descritte prima dalla fisica classica e poi con la quantistica stanno franando, non reggono più il peso. Ciò che prima ci sembrava misurabile, catalogabile, determinabile e prevedibile ora più che mai perde di significato, la realtà oggettiva che tutti credono si condensa solo nella mente e nella coscienza dell’individuo.

Dal metodo scientifico e rigoroso introdotto con più convinzione da Galileo Galilei e poi Newton, Keplero, ne abbiamo fatto un modello fisso fino all’avvento della fisica quantistica ma ancora valido per alcuni aspetti della meccanica, come nell’utilizzo del sistema cartesiano, per la descrizione di spazio, tempo, velocità, accelerazione, posizione, momento angolare di un punto materiale, un corpo, un oggetto nella sua dinamica e nella sua misurazione temporale.

Abbiamo considerato, accordandoci internazionalmente sul sistema di unità di misura e cosa esso significasse, stabilendo che l’unità di misura di riferimento ad esempio il metro fosse rappresentata da un oggetto, infatti nella sua definizione: “Il metro è la distanza fra due tratti incisi sul Prototipo in platino-iridio conservato nell’Ufficio Internazionale di pesi e Misure di Sèvres, osservato alla temperatura del ghiaccio fondente, alla pressione atmosferica normale, disposto orizzontalmente nelle condizioni convenzionali specificate”.

Cosi anche per tutte le grandezze fisiche e nella descrizione dei fenomeni, abbiamo utilizzato dei modelli da noi creati, piegando di fatto la realtà e distorcendola su uno spazio euclideo, senza mai considerare per altro il nostro punto di vista e la nostra inclusività sia nel fenomeno osservato che nella percezione del fenomeno stesso.

Nella misurazione di una grandezza fisica come facciamo a sapere se essa sia realmente cosi ? Tutto ciò che vediamo, percepiamo, che ha un effetto, noi tentiamo di descriverlo, ripeterlo e prevederlo, ma in realtà è la nostra rappresentazione e definizione di fatto.

Bisognerebbe chiederci che cos’è la realtà per noi? E tutti risponderemmo in maniera diversa ovviamente, questo perché a seconda del proprio stato di coscienza, ma che cos’è la coscienza ? Il pensiero? La percezione? 

Ebbene questi interrogativi dovremmo includerli nell’atto del misurare, determinare e stabilire, altrimenti staremo facendo una misurazione relativa e non completa. 

Come facciamo a misurare ammesso che questa definizione sia esatta una porzione di materia, se essa stessa è composta a sua volta da molecole, atomi, energia ? Cosa dovremmo misurare di tutte queste cose, la sua interezza o la sua composizione? Lo spazio e il tempo ammesso che sono la definizione giusta poiché sono concetti da noi espressi, in che relazione li misuriamo con le diverse costituzioni della natura? 

La nostra percezione della realtà è tutta la realtà esistente? Ovviamente no! la fisica ci dice che noi conosciamo e percepiamo neanche l’1% della realtà cosmica universale e della luce visibile solo una piccola porzione dello spettro elettromagnetico, aggiungendo inoltre che i nostri occhi percepiscono la radiazione luminosa di ciò che osserviamo che viene codificata in oggetti, forme, spazio, tempo, sensazioni dal nostro pensiero nel cervello. 

A consolidare l’assioma sono i fisici Heisenberg e Paul Dirac, i quali affermano, nel principio di Heisenberg per il primo che nulla può essere misurabile con precisione senza che l’osservatore perturbi la misurazione e per il secondo che esistono distribuzioni di probabilità di trovare un elettrone in una posizione su un livello energetico. 

Nota infatti la condizione in fisica delle particelle e quantistica che non si può misurare contemporaneamente posizione e velocità della particella. 

Perciò deduciamo che il nostro modo di definire è relativo, finché non capiamo la nostra essenza non comprenderemo la vita che ci circonda e che noi stessi siamo. 

Ecco che tutto quello che credevamo di conoscere sapere sta crollando, tuttavia ad ogni cessazione c’è una rinascita e nuove prospettive si stanno affacciando sull’orizzonte degli eventi. In tutti i campi d’indagine, di ricerca e di conoscenza si sta sperimentando che la realtà è di fatto vuota nel senso di non solida, che tutto è energia, pulsa, vibra, è interconnessa, ogni cosa interagisce con l’altra intrinsecamente, nulla è separato, che il pensiero determina la qualità degli eventi in un rapporto di causa ed effetto.

Il cosmo intero è mentale e noi ne siamo i suoi artefici in qualità di scintille intelligenti di pensiero individualizzate in un corpo di materia sensiente. 

I più grandi fisici del novecento sembra quasi siano gli iniziatori di una nuova era, in cui la scienza perde la sua infallibilità e dogmaticità e si scopre su nuovi piani d’esistenza.

Alcune frasi testimoniano al meglio la tesi sopra esposta: Da una intervista del 1931 al giornale “The Observer a Max Plank (1858–1947), fisico tedesco e premio Nobel per la fisica – “Considero la coscienza fondamentale. Considero la materia come derivata della coscienza. Non possiamo andare oltre la coscienza. Tutto ciò di cui parliamo, tutto ciò che consideriamo esistente, postula la coscienza”.

Brano tratto da una lettera del 1950 di Albert Einstein al dottor Robert S. Marcus, presidente del Congresso Mondiale Ebraico, che aveva perso il figlio a causa della Poliomielite. “Un essere umano è parte del tutto chiamato Universo. Egli sperimenta i suoi pensieri e i sui sentimenti come qualcosa di separato dal resto: una specie di illusione ottica della coscienza. Questa illusione è una specie di prigione. Il nostro compito è quello di liberare noi stessi da questa prigione. Lo sforzo per liberarsi da questa illusione è l’unico scopo di un’autentica religione”.
“La coscienza è il teatro, e precisamente l’unico teatro su cui si rappresenta tutto quanto avviene nell’universo, il recipiente che contiene tutto, assolutamente tutto, e al di fuori del quale non esiste nulla”.

Erwin Schrödinger, Premio Nobel 1933.

“La realtà è una cospirazione creata dall’illusione dei sensi”.

Sir Roger Penrose, famoso Fisico, Matematico e Cosmologo britannico, professore emerito all’Istituto di Matematica dell’Università di Oxford. Nel 2020 gli viene assegnato il Premio Nobel per la fisica “per avere scoperto che la formazione dei buchi neri è una robusta previsione della teoria generale della relatività”. Nel 1988 ha ricevuto, assieme a Stephen Hawking, il Premio Wolf per la fisica.

 

 

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