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Dal coronavirus alla movida, evoluzione mediatica dei problemi italici

Mundo Cerrado - Approfondire l'emergenza: "dal terrore del contagio di ritorno, a quello degli assembramenti"

Editoriale – Ora il problema è la movida. Luoghi comuni del tipo: troppa gente in giro, questi sono matti. Ma de che e ma de qua. Insomma quel filone di informazione ansiogena che ha annichilito il popolo italiano con il rischio della fine del mondo dovuto al coronavirus, ora dal virus è passato alla movida. Si il problema ora è la gente che esce e che non sta ferma e che non sta a distanza e che non porta la mascherina e che qui e che la.
Prima il problema secondario dopo il virus era chi correva sotto casa sua a fare jogging, mentre orde di personaggi occupano stazioni ferroviarie della capitale nella più totale inosservanza di alcuna norma igienico-sanitaria preventiva.

Poi mascherina sì, mascherina no, quale tipo di mascherina, non si porta appesa all’orecchio, nè sul collo nè in testa. Ecco il problema però non è l’italiano indisciplinato è chi ha tumulato gli italiani ora dovrebbe dire chiaramente come stanno le cose. Prima le mascherine erano un rischio, poi il rischio di infezione arrivava anche negli occhi con il rischio che il virus da lì passasse alle vie respiratorie. Poi l’ondata degli occhiali protettivi è passata inosservata, e quindi si è preferito concentrarsi sulle mascherine. Non ci sono indicazioni sui tempi in cui una mascherina può essere indossata. E se una persona la indossa lercia? Visibilmente ombrata e sudicia che si vede che sono giorni che è sempre la stessa? Non è un concentrato di infezioni per se stesso e per gli altri? Su questo tacciono tutti.

Si ha la sensazione che ci hanno provato gusto a pigiare la testa agli italiani, ed ora si ha la sensazione che un sistema non ben definito stia lì per auspicare che il contagio ritorni, e anche peggio di prima, così la supremazia sarà assicurata.

Per tornare alla movida: ma cosa ci dovremmo aspettare che facesse la gente, i giovani in generale dopo tre mesi di loculizzazione forzata? Il popolo deve dunque sentirsi colpevole di esistere? E’ pur vero che esistono persone scriteriate, ma è pur vero che i giovani hanno dato testimonianza tangibile di essersi riposti e di aver rispettato silentemente le regole. Ora gli assembramenti sono indubbiamente pericolosi, e allora come risolvere? Ecco si cerchino soluzioni per responsabilizzare e far meglio capire, non solo reprimere, sanzionare.

Ma soprattutto nelle grandi città come evitare gli assembramenti nei luoghi simbolo della città? Richiudendo locali già al collasso? Chi ha l’onore di governare, ha anche l’onere di risolvere.

E’ chiaro che dopo tre mesi di pulsioni frenate, somministrazione di intubati, bollettini di morte, ed ora che è concesso un minimo di vita questi che dovrebbero fare la sera del primo sabato che si riaccende un minimo di vita? Andare a recitare le preghiere con la nonna, magari con il rischio di infettarla?

Va regolamentata la comunicazione, se si continua con la minaccia del “richiudiamo tutto”, una frase che sentiamo ripetere da molti sindaci come se il potere esercitato fosse un lascito ereditario familiare, si rischiano disordini questa volta, oppure la gente deve chiedere scusa di esistere?

No non si vive così colpevolizzando il popolo. Chi ha alti incarichi istituzionali esca dall’armadio e parli ai giovani come facevano statisti di un tempo, e spieghi loro come devono comportarsi. Ci sono delle gravi responsabilità mediatiche, politiche ed istituzionali, e come in tutte le guerre, sarà poi il tempo a fare i processi. Il popolo italiano è in torpore, ma potrebbe anche esserci il rischio che tirata troppo la corda, la si spezzi ed il cotanto rumore susciti qualche reazione.

Il fine ha giustificato i mezzi ma adesso basta, lasciate vivere il mondo. Per quanto tortuosa sia, la strada va percorsa sempre nel diritto della libertà.

Daniele Imperiale

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