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Il libero arbitrio nel XXI° secolo, tra scelta e condizionamento

“Libertà va cercando ch’é si cara, come sa chi per lei vita rifiuta” (Dante. Purgatorio, canto I).

Cosa voleva consigliarci il sommo poeta con quella frase? Cosa si intende per libertà e libero arbitrio, siamo veramente liberi?

Questa domanda vale la pena porsela, un po’ come la sveglia al mattino, dopo aver sognato.

La nostra vita quotidiana è vera o frutto di una ricostruzione mentale, emotiva basata sui sensi e soprattutto chi sono io?

Da millenni queste tematiche sono state al centro della vita di tutti coloro che volevano conoscere la verità, coloro ai quali la quotidianità non bastava più e la vita materiale non li soddisfaceva come un tempo le loro brame desideravano. Per tale ragione templi, circoli iniziatici, accademie, chiese, monasteri, sono sorti e si sono levati fino all’alto cielo. Questo non voleva dire isolarsi dalle città come rifiuto della mondanità, anche se una delle ragioni era proprio questa, piuttosto era quell’impulso, desiderio, forza nel ricercare il vero, nello scoprire la propria identità, le cause che sottostanno alla bellezza dell’esistenza intera, il rapporto dell’umano, con il divino.

Dall’Egitto, all’Asia, all’India, alla Grecia, come un’ondata del vasto oceano, la scienza esoterica, matematica, filosofica, emigra con grandi uomini che hanno segnato l’evoluzione delle società, dei tempi dell’umanità, come Ermete Trismegisto, Mosè, Zoroastro, Krisnha, Orfeo, Rama, Buddha, Confucio, Gesù Cristo e tutti i più lodevoli che si sono succeduti nel corso dei secoli. La lista sarebbe quasi interminabile, ma luci sfolgoranti di vita e di verità hanno camminato in mezzo a noi. Quale è dunque il loro messaggio, perché in molti sono venuti?

Come genitori amorevoli e compassionevoli ci destano dal torpore dei nostri sogni, dalle nostre malsane azioni, prendendoci per mano, indicandoci il giusto sentiero da seguire. Come sulla via di Damasco il sole ci acceca e ci fa cadere da cavallo, ci rende cechi al momento, ma poco dopo ecco occhi nuovi per conoscere la vita, attraverso una prospettiva nuova, non più basata sull’egoismo.

Dicevano per ricercare il vero bisogna conoscere se stessi, tale per cui dovete rinunciare alle vostre convinzioni, alla vostra idea che avete di voi stessi e del mondo, rinunciare ai desideri effimeri, alle passioni, alle emozioni che vi allontanano dalla vita e dalla libertà.

Si! perché essere liberi non vuol dire fare ciò che si vuole, ma essere scevri da condizionamenti, non più immersi nell’illusione duale che la mente separativa costruisce. Ecco che Dante nella frase sopra citata voleva proprio indicare questo, ovvero trova la libertà chi ha rinunciato alla vita, come senso di desiderio. Esso infatti ci conduce all’attaccamento e alla sofferenza. Ciò lo indicava anche Buddha nell’ottuplice sentiero e Gesù Cristo quando dice <<Se volete seguirmi, rinunciate a voi stessi, prendete la vostra croce e seguitemi>>.

Dunque la libertà e il libero arbitrio hanno a che fare con la rinuncia, che ha il sapore del distacco dai beni materiali, dalla sregolatezza, dall’egoismo e da tutti quei desideri che offuscano la mente.

Nel XXI° secolo più che mai questi insegnamenti non solo rimangono validi, ma assumono l’aspetto universale, atemporale, se tutti questi grandi maestri hanno dato la loro vita per questo messaggio, un motivo ci sarà, ed è quello di risvegliare l’uomo dal sonno dei sensi, ossia l’illusione chiamata anche maya dagli Induisti o dai buddisti.

La civiltà moderna sia orientale che occidentale sembra cavalcare verso la decadenza morale, etica, una corsa spasmodica verso l’accumulo, l’estetica, il risalto della personalità e la divinizzazione delle emozioni come espressione dell’essere che raggiunge il suo apice nell’affermazione matura e consapevole del proprio sesso; lo slogan Cartesiano oggi potrebbe essere << Sono gay, dunque sono>>.

Il rispetto del prossimo, delle leggi di natura, non trovano per la maggior parte un posto dove stabilirsi, quello che si pensa senza premura alcuna, si difende a spada tratta all’insegna del neoliberalismo.

Raccogliamo i frutti di tutta questa confusione massiva a causa sostanzialmente dell’ignoranza, della diseducazione, ai valori, alle regole etiche comportamentali, ad una scolastica satura di informazioni e svuotata di senso.

Società basata sulla competitività, sull’egoismo e sul materialismo più sfrenato. Tutte queste conseguenze sono la dimostranza come le neuroscienze affermano che una vita basta sull’agire dell’emozione, porta a squilibrio, perdita di controllo di sé e di ciò che ci circonda, alterazione della realtà. A livello biologico e neurologico, pensieri di tale portata innescano delle reazioni a catena, che si riscontrano somaticamente nell’amigdala, parte interna frontale del cervello, nel plesso solare che interagisce con stomaco, fegato e colon.

Ciò che noi percepiamo, lo dobbiamo ai nostri sensi che hanno lo scopo di ricevere gli impulsi elettrici provenienti dall’esterno, che vengono poi decodificati in informazioni dal nostro cervello. Tutto intorno a noi, compresi noi stessi vibriamo ad una frequenza, perché tutto è in moto nulla è fermo, possiamo esprimerci in termini di interazioni di forze e di energie.

Tutto questo vale a dire che la nostra coscienza percepisce informazioni sotto forma di onde frequenziali, a causa del nostro programma mentale generato sin dalla nascita, crediamo di essere separati dalla realtà che ci circonda e di vederla come materia solida. Al contrario essa risulta secondo le nuove scoperte della fisica quantistica vuota, in costante mutamento, indeterminabile. Tutto è energia che vibra ad una determinata frequenza, più è bassa, più risulta essere solida e materiale, più è alta più diviene immateriale ed eterica. Le credenze che noi assumiamo, derivano da immagini illusorie proiettate dalla nostra mente che crede una realtà che in fin dei conti è vuota, transitoria.

Qui sta la nostra prigionia, l’oblio della coscienza, l’averci identificati con ciò che non è reale, aver goduto fino all’ubriachezza degli effimeri piaceri, con l’illusione che essi ci conducano alla felicità, quando in verità è tutto l’opposto.

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